Quanto conta la soddisfazione
La soddisfazione di chi lavora in un’organizzazione fatta di persone è uno dei prerequisiti fondamentali per la soddisfazione dei clienti di quella stessa organizzazione: in ultima analisi avere collaboratori più soddisfatti è il primo passo per soddisfare anche i propri clienti.
A dircelo non è solo il buon senso ma ci sono un’infinità di dati e studi che lo dimostrano in modo fattuale e inequivocabile. Partiamo da uno dei pilastri di qualsiasi organizzazione: la sua reputazione, ovvero la considerazione che hanno della stessa organizzazione gli altri, convenzionalmente sentita come misura della sua qualità e della sua moralità.
La reputazione di un’azienda si misura presso i suoi stakeholder, che è un insieme composito di cui fanno parte: i clienti, i fornitori, i finanziatori (es.banche e azionisti, o shareholder), i collaboratori, i dipendenti, ma anche gruppi di interesselocali o esterni, come i vicini (residenti di aree limitrofe all’azienda) e le istituzioni.
Quali sono le aziende che godono della miglior reputazione in Italia? Se prendiamo per buona la classifica stilata dal Reputation Insitute nel 2019, scopriamo che al primo posto abbiamo la Ferrari (auto), al secondo la Ferrero (Nutella & co.).
È triste trovare la prima banca della classifica solo al 110° posto e veder chiudere la classifica con un’altra banca nostrana al 150° posto. Ed è una magra consolazione vedere che la classifica non risparmia solo le banche ma anche Facebook (147° posto) e Autostrade per l’Italia (149° posto) ovviamente a causa dei recenti e drammatici eventi che hanno colpito i loro clienti, le loro famiglie e le loro comunità generati da comportamenti – a dir poco – irresponsabili.
I dipendenti sono il primo anello di congiunzione tra l’azienda e il suo vero patrimonio: i clienti e i fornitori. Provate ad esempio ad andare a chiedere informazioni per l’acquisto o la riparazione di un iPhone in un negozio Apple o in un distributore multimarca a basso prezzo. Proverete due esperienze completamente diverse: nel primo caso i dipendenti motivati vi faranno sentire al centro della loro attenzione: Apple non è l’azienda per cui lavorano è la loro azienda; nell’altro caso – le catene multimarca che offrono prezzi stracciati – i dipendenti sono scarsamente motivati, c’è scarsa o poca attenzione al cliente perché ci si illude che i clienti cerchino solo il prezzo più basso.
Nelle banche e – a maggior ragione – nelle banche private che hanno clienti più esigenti, le dinamiche sono simili. In alcune banche i dipendenti o i consulenti ti accolgono con il sorriso in faccia, credono in quello che fanno e nella società per cui lavorano, molto spesso l’hanno scelta, la sentono come la lorobanca, e al cliente riescono a trasmettere un innato senso di serenità e di fiducia, vera chiave di volta di qualsiasi relazione a maggior ragione quando si tratta del proprio denaro.
In altre banche meno fortunate, invece, i dipendenti o i consulenti non trasmettono questa serenità e questa fiducia, per quali motivi? Andando a indagare si scopre che spesso non hanno scelto quella banca, ma ci si sono ritrovati in seguito a fusioni o a incorporazioni, che hanno visto i loro colleghi licenziati o esodati, assistito a inefficienze e a nepotismi, a scontri tra cordate contrapposte, che sono sotto pressione per budget ambiziosi fatti a tavolino da manager che vivono in torri d’avorio.
Spesso questi stessi manager che – nella migliore delle ipotesi – si illudono di avere in mano la loro rete di collaboratori e consulenti, hanno il terrore di vedersi proiettare nero su bianco i risultati che dimostrano la scarsa soddisfazione dei loro uomini. Sono quelli che pronunciano frasi
del tipo: “conosco i miei banker uno ad uno se ci fosse qualcosa che non va sono il primo a capirlo”, “so esattamente cosa va fatto non ho bisogno di chiederlo ad altri”, “io incontro i miei uomini tutti i giorni non ho bisogno di altri che mi dicano cosa pensano del mio operato”.
A chi occupa le ultime posizioni nel ranking del Reputation Insitute ci sentiamo di suggerire di iniziare ad ascoltare in modo sistematico i propri banker, i propri dipendenti e i propri consulenti.
In particolare attraverso analisi che siano in grado di: 1) rappresentare fedelmente l’universo di riferimento; 2) garantire l’anonimato dei rispondenti; 3) confrontare la soddisfazione con realtà concorrenti; 4) ma anche con casi di successo di altri settori; 5) portare ad azioni di miglioramento concrete e monitorabili in modo sistematico e continuativo.
Questi strumenti in mano a manager o a imprenditori illuminati potranno certamente contribuire al rilancio del ruolo sociale e insostituibile che hanno le banche attraverso la soddisfazione innanzitutto dei propri banker e come diretta conseguenza di quella dei propri clienti.
Enzo Ferrari diceva: “Io credo che le fabbriche siano fatte di macchine, di muri e di uomini. La Ferrari è fatta prima di tutto di uomini”. Forse è anche per questo che la Ferrari oggi è al primo posto in Italia come reputazione.
Nicola Ronchetti