Analisi di un elemento fondamentale
Investire | Febbraio 2020
La consulenza finanziaria di qualità è oggi massimamente richiesta e fondamentale per l’economia del nostro paese nel suo complesso, ricoprendo un ruolo sempre più sociale.
Basti pensare che gli italiani detengono in media un terzo del proprio patrimonio finanziario in liquidità, cioè ci sono ben mille trecento miliardi di Euro parcheggiati sui conti correnti, infruttiferi e destinati a perdere progressivamente parte del loro potere di acquisto.
Anche in altri paesi la quota di liquidità è elevata (in Spagna e Germania è superiore all’Italia), ma in Italia la metà delle famiglie italiane detiene in liquidità il cento per cento del proprio patrimonio.
Le motivazioni di questo atteggiamento certamente autolesionista sono da ricondurre a due fattori sopra tutti: 1) il calo di fiducia verso le banche; 2) la scarsa proattività da parte delle stesse nel contattare e nell’educare i clienti.
Una sorta di circolo vizioso: da un lato le recenti crisi circoscritte a poche banche inaffidabili che hanno comunque bruciato 45 miliardi di Euro di risparmi privati, hanno gettato un’ombra su tutto il sistema; dall’altro la maggior parte delle nostre banche che sono solide e sane paiono poco proattive.
Tra gli italiani cosiddetti affluent, cioè con consistenze finanziarie superiori ai duecento mila Euro ben il 20% è da un anno che non sente o vede il proprio referente, il 55% solo una volta l’anno.
E come se non bastasse, i pochi contatti si riducono molto spesso alla tentata vendita a freddo di un prodotto e non all’ascolto dei progetti e quindi alla proposizione di una loro realizzazione.
Il mercato in Italia è dominato dalle banche, che pur alle prese con profonde ristrutturazioni, godono di una rendita di posizione derivante dalla loro brand equity ovverosia dal valore del loro marchio, frutto di una presenza fisica e di un radicamento sul territorio storici.
Solidità e affidabilità (fondamentali nel 91% dei casi), buona reputazione (79%), il consiglio di amici e parenti (66%) e la capacità di generare fiducia (52%) sono i veri asset delle migliori banche italiane.
Subito dopo il valore della banca viene il ruolo centrale del referente per gli investimenti che pesa un terzo nella scelta finale di affidare i propri soldi in gestione. Il professionista – sia esso un consulente finanziario, un private banker o un gestore bancario – è apprezzato soprattutto per la sua preparazione e la sua professionalità (che pesano mediamente più dell’80%), per la disponibilità e la sua reperibilità (70%) e per la sua capacità di ascolto apprezzata in modo crescente da chi ha patrimoni più consistenti (45% clienti mass market, 57% affluent e 76% private).
Consulenza è dunque capacità di ascolto, d’altronde l’evoluzione del ruolo del promotore finanziario oggi consulente finanziario ha sancito progressivamente il cambio culturale da venditore a consigliere esperto.
Questa evoluzione è stata accompagnata anche dall’ampliamento dei bisogni dei clienti che non si riducono più alla sola gestione dei propri risparmi, ma includono anche i temi del credito e della protezione.
In tempi di tassi zero è abbastanza contro intuivo vedere come i tassi di crescita del ricorso al credito (sia al consumo che immobiliare) siano oggettivamente bassi (+6% credito al consumo, -14% immobiliare).
Sul tema protezione poi, la misura del fenomeno della sotto assicurazione è impressionante se consideriamo il bene più prezioso degli italiani: la casa. In Italia i possessori di una casa sono circa l’80% e a fronte di circa 56 milioni di unità abitative private ne sono assicurate meno di 1 milione.
Se poi facciamo un confronto europeo sulla diffusione delle polizze a protezione dei beni e del patrimonio e consideriamo che l’Italia è uno dei paesi più flagellati da alluvioni e da terremoti il confronto è terrificante. Il rapporto premi pagati sul prodotto interno lordo è in Italia dell’1% con una media dei premi per abitante di € 279, in Francia 2,5% con € 865, in Germania 2,4% con € 996, in Olanda 7,2% con € 3.259.
Ecco che in questo contesto il ruolo del consulente è essenziale: se è in grado di trasmettere fiducia nel suo cliente probabilmente potrà guidarlo verso scelte più consapevoli.
Il buon consulente finanziario non ascolta solo il suo cliente ma cerca anche di educarlo e formarlo dedicandogli tempo e investendo su di lui: la consulenza è un processo ricorsivo che richiede tempo e costanza da parte di un professionista qualificato che operi possibilmente senza subire eccessive pressioni sull’acquisizione di nuovi clienti, nuove masse e budget di prodotto.
L’evoluzione degli stili di vita degli italiani sta segnando e segnerà in modo irreversibile anche la modalità di interpretare il ruolo della consulenza.
Pensiamo alla ricomposizione del nucleo familiare, sempre meno figli e sempre più anziani, allo stock del risparmio degli italiani che è superiore ai loro flussi reddituali, alla generazione nata nel dopo guerra ha di fatto consentito alle generazioni successive un futuro, fungendo spesso da ammortizzatore sociale.
La crescente attenzione ai temi sociali, ambientali e di governo societario, soprattutto tra chi ha maggiori consistenze finanziarie, potrebbe poi scatenare una vera e propria rivoluzione negli investimenti con la crescita di quelli definiti ESG.
Anche in questo ambito servono competenze da parte dei consulenti finanziari, delle loro mandanti, dei dipendenti bancari e delle loro banche, dei commerciali delle Società di Gestione del Risparmio e di tutti gli Asset Manager, prima di tutto per poter distinguere cosa è veramente ESG da cosa lo è solo in apparenza, quindi per guidare la domanda verso una scelta consapevole.
In epoca di tassi zero è poi sempre più complesso trovare investimenti in grado di offrire rendimenti degni di questo nome, e quindi si aprono tre nuovi fronti tra loro correlati: 1) l’accessibilità al grande pubblico degli investimenti illiquidi (private equity/debt, infrastrutture, crediti non performanti); 2) la necessità di allungare l’orizzonte temporale degli investimenti che in Italia è mediamente inferiore a quello europeo; 3) il bisogno di definire il profilo di rischio dell’investitore.
Questi nuovi fronti richiedono da un lato professionisti preparati che sappiano lavorare in team dove siano presenti competenze trasversali, dall’altro istituzioni (banche, compagnie di assicurazione, reti di consulenti finanziari) solide, credibili e disponibili a riprendersi il ruolo anche sociale che avevano le prime banche nate – non a caso in Italia – cioè quello di finanziare l’economia reale e quindi – in ultima analisi – di avvicinare la finanza alla vita di tutti i giorni.
Il valore della consulenza coinciderà sempre più con il valore del risparmio gestito, ci sarà quasi certamente una selezione che farà emergere i migliori professionisti, ci sarà su questi una concentrazione dei portafogli maggiore, ma anche la creazione di team interdisciplinari (finanza, protezione e credito).