Investire | Settembre 2020
Durante i 100 giorni in cui l’Italia si è fermata sono apparse sui balconi e sui tetti delle case degli italiani migliaia di bandiere tricolori. Gli italiani sono un popolo notoriamente resiliente che è in grado di riunirsi e fare quadrato soprattutto nei momenti di grande difficoltà.
Nei giorni di lockdown i video con la pattuglia acrobatica dell’Aereonautica Militare, le mitiche Frecce Tricolori, l’inno d’Italia e il nessun dorma della Turandot di Puccini hanno contribuito a ridestare il nostro sopito patriottismo.
Dopo la salute e prima ancora degli investimenti gli italiani hanno mostrato un’accresciuta sensibilità verso l’economia reale e in particolare verso le imprese italiane. E di questo il mercato della consulenza finanziaria deve tenerne conto.
Quanto tutto questo ha influito e influirà sulle scelte di investimento degli italiani? Quanto gli investimenti nella cosiddetta economia reale prenderanno piedi in Italia? Quanto la consulenza finanziaria potrà rispondere a questo bisogno?
Alcune risposte emergono dalla ricerca “Visioni per un mondo a tassi zero, dalla liquidità all’economia reale” condotta per ASSOGESTIONI da FINER e che ha coinvolto 1.600 investitori finali e il mondo della consulenza finanziaria rappresentato da 1.000 loro referenti per gli investimenti (consulenti finanziari, private banker e gestori bancari) intervistati prima e dopo il lock down.
A febbraio 2020 prima dello scoppio della pandemia il 64% degli investitori finali esprimeva un interesse a investire in aziende italiane, dopo la pandemia questa percentuale è cresciuta sensibilmente fino ad arrivare al 77% (maggio 2020).
Il dato è alto e si spiega con un trend già in atto da tempo, per la precisone dal 2017, con il lancio dei PIR. La battuta di arresto dei PIR e il loro recente rilancio non hanno intaccato l’innata propensione a investire italiano, come confermato dall’analisi dei dati di raccolta del mondo della consulenza finanziaria.
Due sono le motivazioni, la prima è la più intuitiva e, forse anche la più labile, ed è legata all’amor patrio, che sappiamo essere un driver che va un po’ a corrente alternata: forte nelle difficoltà, più lieve quando tutto va bene.
La seconda motivazione è più sottile e intrigante e ha a che vedere con un ancestrale bisogno insito nell’essere umano e, negli Italiani, in massima misura, di sapere dove e come viene impiegato e investito il proprio denaro, in modo da avere la sensazione di una maggior vicinanza ad esso e di tenerlo maggiormente sotto controllo. Questo rappresenta una grande opportunità per il mondo della consulenza finanziaria.
È quindi naturale attendersi che gli italiani preferiscano investire, ad esempio, in azioni Ferrari che non in quelle Aston Martin e non solo per le differenti performance che hanno caratterizzano i due titoli.
È interessante anche rilevare come i professionisti degli investimenti, rappresentativi del mondo della consulenza finanziaria, coloro cioè che seguono gli investitori finali nelle loro scelte di allocazione del risparmio, concordino anch’essi sull’aumento della sensibilità dei loro clienti verso gli investimenti in aziende italiane passando dal 41% prima al 58% post Covid.
Si tratta di percentuali più basse, rispetto a quelle espresse dai loro clienti, che potrebbero sottendere un maggior scetticismo rispetto a quanto dichiarato da costoro, immaginando che il cliente cerchi solo il rendimento: questo potrebbe essere un limite della consulenza finanziaria.
In realtà la totalità degli investitori finali italiani intervistati si dichiara disponibile a rinunciare a una parte anche piccola dei rendimenti pur di investire in aziende italiane che creino posti di lavoro in Italia. Messaggio chiaro e forte al mercato della consulenza finanziaria.
Se a questi proclami patriottici seguiranno azioni concrete dipenderà moltissimo dalla capacità dell’offerta – in primis l’industria della consulenza finanziaria – di selezionare aziende italiane con sane prospettive di crescita e dalla disponibilità delle nostre eccellenze ad aprirsi al capitale di terzi.
Nicola Ronchetti
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