Insurance Daily | Aprile 2021
Tra i molti vantaggi su cui può contare un imprenditore piccolo o grande che sia vi è che possa essere oggetto di attenzione da parte di una categoria professionale tra le più proattive del mondo dell’assicurazione: il broker assicurativo.
Quando parliamo di oggetto di attenzione non significa che il broker, al pari dell’agente assicurativo sia tra i professionisti più proattivi in assoluto che gravitino intorno all’imprenditore.
Anzi, in tema di proattività broker e agente, vengono dopo il commercialista, il consulente finanziario, l’esperto fiscale, l’avvocato e il notaio (fonte ricerca ANASF 2019 sugli Imprenditori italiani).
Significa però, e questo è già qualcosa, che il broker ha o dovrebbe avere una visione e un’offerta più ampia delle soluzioni per imprese e imprenditori anche ipotizzando che il suo conflitto di interessi sia inferiore rispetto a chi opera di fatto con una o poche mandanti.
Ovviamente quando parliamo di scarsa proattività degli agenti assicurativi nei confronti di imprese e imprenditori ci riferiamo alla media del mercato che ha lo stesso limite del pollo di Trilussa (se qualcuno mangia due polli, e qualcun altro no, in media hanno mangiato un pollo a testa, anche se di fatto sappiamo che uno non l’ha mangiato).
Esistono infatti nel mercato compagnie molto proattive nei confronti di imprenditori e imprese e compagnie dove agenti hunter (che vanno a cercarsi i clienti fuori dalla propria comfort zone) fanno la differenza rispetto ai loro omologhi farmer (intenti a coltivare il proprio orticello).
Il ruolo di agenti e broker è oggi più che mai essenziale per gli imprenditori, pensiamo alla gestione della continuità aziendale e alla copertura assicurativa delle figure apicali con le polizze key man.
Certo il mercato assicurativo oggi pare reggersi essenzialmente su due pilastri: le polizze collettive sulla salute sottoscritte da un’azienda a favore dei propri dipendenti e gli accordi di banca assicurazione.
Sappiamo tutti che le prime sono destinate prevalentemente ad aziende di grandi dimensioni che rappresentano meno del 2% delle imprese italiane e che sulle seconde, in epoca di fusioni bancarie, è bene non contarci troppo (vedasi caso Aviva e UBI).
Nei prossimi 20 anni, almeno 800 miliardi di euro di patrimonio mobiliare, immobiliare e aziendale saranno interessati dal trasferimento dalla generazione dei boomers (nati dal 1946 al 1964) a quella dei millennial (nati dal 1980 al 2000).
Le piccole e medie imprese impiegano l’82% dei lavoratori e rappresentano il 92% delle imprese attive. Spesso sono gestite da una figura chiave da cui dipende il destino dell’impresa e del suo indotto occupazionale.
Proteggere queste risorse è necessario per la sopravvivenza stessa della impresa e del tessuto produttivo del Paese.
La pandemia ha acuito la necessità di non rimandare oltre questi temi.
5 milioni di imprenditori e di micro imprese hanno bisogno di protezione e molto spesso neppure lo sanno: non pensiamo che valga la pena quanto meno provare a chiamarli?
Nicola Ronchetti