Bluerating | Luglio 2022
Pochi hanno ancora capito bene cosa sia, ma sa tanto di novità e quindi parte con un credito importante e non solo perché a rilanciarlo ufficialmente è stato quel geniaccio di Mark Zuckerberg che nel tentativo di rifarsi la faccia ha rinominato Meta la sua vecchia creatura.
In realtà il primo a prefigurare il metaverso fu trenta anni fa fu lo scrittore Neal Stephenson, il termine metaverso è nato infatti nel romanzo di fantascienza Snow Crash che scrisse nel 1992.
Stephenson caratterizza il metaverso come un’immensa sfera nera di 65536 km di circonferenza, tagliata in due all’altezza dell’equatore da una strada percorribile anche su di una monorotaia con 256 stazioni, ognuna a 256 km di distanza.
Su questa sfera ogni persona può realizzare in 3D ciò che desidera, negozi, uffici, nightclub e altro, il tutto potenzialmente visitabile dagli utenti.
Quella di Stephenson è una incredibile visione futuristica di Internet, con il limite che lui prefigurava un ambiente virtuale, frequentato dalle fasce della popolazione medio alte, dove la differenza tra le classi sociali veniva rappresentata dalla qualità e dalla risoluzione del proprio avatar (da quelli in bianco e nero dei terminali pubblici, a quelli in 3D dei ricchi) e dalla possibilità di accedere a luoghi esclusivi.
Internet e, in futuro, il metaverso sono invece per tutti.
Oggi il metaverso è infatti una replica di Internet come un unico mondo virtuale, universale e immersivo, facilitato dall’uso di cuffie e visori per la realtà virtuale e la realtà aumentata.
Che la realtà virtuale, quella aumentata e in generale l’innovazione digitale siano settori trainanti dei mercati finanziari, pur con andamenti altalenanti, è un dato assodato.
Altro tema, per nulla banale, è capire se, come e quando il metaverso possa divenire strumento di interazione tra consulenti finanziari, private banker e loro clienti.
Sul se, è innegabile che il metaverso prenderà piede e che probabilmente rappresenta al momento una delle poche novità sulla piazza, c’è addirittura chi sostiene che rappresenti un’invenzione ancora più grande del World Wide Web.
Le motivazioni sono semplici, il metaverso è un attivatore di emozioni e le emozioni sono il motore del sentire e dell’agire dell’uomo.
Al di là di considerazioni sociologiche, filosofiche ed etiche sull’impatto che la realtà virtuale sta avendo e avrà sulla nostra vita reale, è indubbio che già stiamo vivendo le maggior parte delle nostre relazioni in modalità intangibile e a distanza.
È presumibile che l’evoluzione della video chiamata, della video call, della chat su Instagram verso un ambiente emotivamente più coinvolgente è di per sé garanzia di successo.
I punti ancora da smarcare sono rispettivamente legati allo sviluppo dei device, alla messa a terra di questo ambiente virtuale nella relazione banca-cliente e al profilo di quest’ultimo.
Quanto ai device si attende imminente lo sviluppo degli occhiali che sostituiscano quella maschera da subacqueo che fa un po’ Commodore 64.
Quanto alla messa a terra le Big tech integreranno il metaverso nelle loro piattaforme: Microsoft potrebbe integrare il suo metaverso Vortex nella piattaforma Teams.
Sul profilo del cliente idealtipo che potrà usare il metaverso per dialogare con la banca o il suo consulente, se non si vedono limiti per le generazioni Y e Z, i nati tra il 1980 e il 2005, qualche punto di domanda si pone per i loro genitori, attualmente detentori della ricchezza, abituati a dialogare di persona con il proprio banker.
Gli ultimi due anni ci hanno però abituato a rivoluzioni repentine e al crollo di barriere ritenute insormontabili, quindi: benvenuto tra noi metaverso.
Nicola Ronchetti