FundsPeople | Settembre 2022
Quando si tratta di investimenti sostenibili è meglio affidarsi a un fund selector. Queste figure professionali esperte nella selezione riescono infatti a individuare con maggior precisione gli strumenti ESG rispetto ai colleghi consulenti e private banker. La società di analisi FINER Finance Explorer, inuna ricerca condivisa in anteprima esclusiva per FundsPeople, ha confrontato il punto di vista di queste categorie professionali lanciando a marzo 2021 un sondaggio che ha coinvolto un totale di circa 170 fund selector e 5.000 consulenti e private banker sul tema della sostenibilità. Agli intervistati è stato chiesto quali ritenessero essere gli asset manager più credibili nel proporre fondi ESG compliant, ovvero quelli con la maggiore offerta di prodotti realmente sostenibili. Le risposte sono state confrontate con i dati Morningstar relativi alle società con più fondi classificati come articolo 8 e 9 della SFDR.
Dal confronto è emerso che le prime tre società citate dai fund selector coincidono con quelle individuate da Morningstar su parametri oggettivi e misurabili. Una corrispondenza mancata, invece, nel caso di gestori e private banker. “Il fatto che la percezione dei fund selector coincida con i dati oggettivi di Morningstar può significare due cose”, spiega Nicola Ronchetti, founder e ceo di Finer. “La prima è che i fund selector hanno una conoscenza decisamente più rigorosa e precisa degli asset. I fund selector conoscono le SGR e sanno quali hanno una concentrazione maggiore di art 8 e 9, anche in valore assoluto”, aggiunge Ronchetti, ricordando che i selezionatori di fondi dettano la linea della scelta di investimenti per il proprio istituto. “La prima informazione che si trae da questo confronto – continua Ronchetti – è quindi che i fund selector possiedono una conoscenza molto oggettiva del mercato”.
La seconda evidenza è per Ronchetti la presenza di “un grande senso di responsabilità da parte dei fund buyer rispetto alle reti commerciali più influenzabili da fattori esogeni e da percezioni soggettive. Un concetto che si traduce spesso in una proposta di vendita meno differenziata, poiché verte sugli stessi asset manager ritenuti più ESG compliant”. Se è vero quindi che il fund selector, anche per via del proprio ruolo maggiormente analitico, intuisce meglio quali sono i fondi realmente orientati alla sostenibilità, vi è un problema di comunicazione tra chi seleziona – correttamente – i fondi e la catena di distribuzione? Oppure il fund selector informa correttamente il consulente, che poi si fa convincere da fattori esterni?
Il dato oggettivo è che non vi è coincidenza tra le prime tre società ESG compliant citate dai fund selector e quelle indicate dai consulenti. “Poiché lavorano nella stessa catena di comando, occorre capire cosa succede tra le decisioni iniziali e la distribuzione finale al cliente”, prosegue Ronchetti. “C’è un elemento che può influenzare la consulenza: le attività che le singole SGR praticano sulla distribuzione. Non è un caso che alcune reti non promuovano la partecipazione dei propri consulenti ai roadshow che non siano realizzati di concerto con la mandante”, sottolinea. Questione di impressioni, dunque, ma è anche possibile che le informazioni provenienti dai fund selector – magari affidate solo a una mail di aggiornamento settimanale – non vengano analizzate e metabolizzate con la giusta attenzione dai consulenti.
Come colmare questo possibile gap comunicativo? “A nostro avviso i fund selector dovrebbero ritagliarsi un ruolo di maggior protagonismo all’interno della società, e il loro ruolo dovrebbe essere maggiormente riconosciuto da parte delle aziende mandanti”, risponde Ronchetti. “Il ceo di una grande banca o rete dovrebbe valorizzare le competenze tecniche dei fund buyer, che corrispondono maggiormente a elementi oggettivi e saperle divulgare alla rete di vendita informandola e coinvolgendola nelle scelte. Questo senza nulla togliere a autonomia di singoli consulenti e private banker”, sottolinea il fondatore di Finer.
Il tema è ancora più significativo se si analizza la natura degli investimenti ESG, più conosciuti e richiesti dai clienti a maggior patrimonializzazione. Si tratta degli investitori che possono intercettare la maggior fetta di mercato, per cui – per evitare problemi reputazionali e non solo – occorre attuare una analisi rigorosa e puntuale volta alla selezione di prodotti di investimento realmente sostenibili ed individuando i fenomeni di greenwashing.
Una corretta analisi della sostenibilità ha poi un impatto di rilievo sulla clientela potenziale. Vi è una parte elevata di risparmiatori, non ancora investitori, potenzialmente interessata alle dinamiche ESG. “Non è questione di essere i primi della classe su questo tema. Persiste la necessità di avvicinare al mondo dell’asset management un pubblico che oggi non lascia la gestione dei propri risparmi in mano a dei professionisti”, evidenzia Ronchetti. “Il mondo ESG può essere uno strumento prezioso per raggiungere questo obiettivo, purché l’investimento sostenibile sia chiaramente spiegato e certificato”, continua.
Francesca Conti