Investire | Novembre 2022
Dalla seconda edizione della ricerca realizzata da FINER per Pictet focalizzata sul tema della educazione finanziaria emerge il desiderio di apprendere di più tra i più giovani e tra le donne, la centralità dei social network e l’importanza di parlare di progetti di vita.
L’interesse per la finanza cresce in modo significativo rispetto al 2021, la crescita è spinta soprattutto da non investitori e studenti: il mutato contesto geopolitico conseguenza dell’epidemia prima e del conflitto in Ucraina dopo, unitamente agli effetti su inflazione e instabilità economica hanno contribuito in modo significativo a sensibilizzare anche i meno coinvolti.
L’interesse verso i temi della finanza, mediamente più basso tra i più giovani e le donne, è più che compensato – in entrambi i casi – dal maggior desiderio di imparare: questo rende ancora più impellente coinvolgere questi pubblici indispensabili per l’evoluzione culturale della specie umana, evidenziando l’opportunità di accrescere il livello di educazione finanziaria partendo dalle fondamenta della popolazione (giovani e donne).
È fondamentale parlare dei progetti di vita (soprattutto tra donne e giovani), di come risparmiare e gestire il proprio denaro. Sembrano mancare referenti e contenuti interessanti, giudicati o troppo banali o troppo complessi, appare evidente il rischio di auto referenzialità dell’industria e la necessità di partire dalle basi.
Tra i canali di apprendimento e confronto con esperti (di finanza e non solo) emerge la centralità dei social network, con differenze tra generazioni sui singoli social (Facebook e LinkedIn più tra uomini e individui maturi, Instagram e Telegram più tra i giovani).
Solo un terzo degli intervistati investe sulla propria conoscenza finanziaria in modo regolare e periodico: ci si informa solo in caso di eventi eccezionali e questo spiega la crescita dell’interesse nell’attuale situazione geopolitica, più attenti gli investitori e gli studenti.
Si conferma centrale il ruolo delle istituzioni (CONSOB e Banca d’Italia), in netta crescita il ruolo dei docenti/della scuola. Centrale la collaborazione pubblico-privato.
La fiducia emerge come il tema centrale anche per l’educazione finanziaria, se non mi fido non mi informo se non mi informo non investo.
Interessante notare il valore massimo di fiducia verso i consulenti finanziari riscontrato presso la generazione Y (nati tra il 1981 e il 1996) ovverossia gli attuali 40-30enni: probabilmente frutto del lavoro che l’industria della consulenza finanziaria e del risparmio gestito stanno facendo su questo pubblico di riferimento che rappresenta quello a maggior potenziale futuro.
Tra gli outsider del settore molto rilevante il ruolo della cerchia di amici e parenti, non tanto come esperti del settore ma in quanto portatori di esperienze positive. Si conferma la centralità del passaparola soprattutto per i consulenti finanziari/gli operatori con la migliore reputazione.
Gli studenti e i risparmiatori non investitori tendono ad affidarsi più a blog e a influencer. Questo oltre a esporre al rischio di manipolazione frode ha un impatto negativo sull’immagine del settore finanziario, squalificato a mero gioco d’azzardo.
L’educazione finanziaria rappresenta un antidoto a casi sempre più frequenti di pump & dump (Game Stop, Jake Freeman con Bed Bath) praticati tramite l’utilizzo incontrollato dei social network.
Più educati, più consapevoli, il dado è tratto ma la strada ancora lunga.
Nicola Ronchetti