AP Private | Novembre Dicembre 2022
Il desiderio dei clienti private italiani è sempre stato quello di mantenere nel tempo il valore del proprio patrimonio finanziario, guidati da un’adeguata propensione al rischio, una buona capacità di diversificare i propri investimenti e soprattutto in combinazione con un patrimonio immobiliare importante.
L’origine di buona parte del patrimonio dei clienti private italiani deriva da un’attività imprenditoriale in essere o ceduta: immobili e imprese, due elementi comuni ai clienti private italiani.
Ecco perché tra le molte banche specializzate nel segmento private, quelle che sono in grado di soddisfare meglio le aspettative dei clienti ad elevata patrimonializzazione sono quelle che si muovono sicure su questi due ambiti.
Si tratta di ambiti diametralmente opposti, mattone e impresa, quanto di più apparentemente solido e sicuro, soprattutto per gli italiani, e quanto, a prima vista di più evanescente e rischioso.
Gli imprenditori italiani, almeno quelli titolari di aziende piccole e medie, vedono l’attività della propria impresa più come un investimento finanziario all’opposto di un investimento immobiliare.
Ed è per questa bivalenza che oggi, in un quadro dei mercati finanziari a dir poco complesso, i clienti private imprenditori sono attratti, più di altri, da investimenti illiquidi che abbiano come oggetto società non quotate o operazioni immobiliari tramite club deal a grande visibilità.
I private market e in particolare quelli focalizzati su imprese ad elevato potenziale di crescita – tipicamente start up – o da rilanciare con operazioni anche cross border rappresentano oggi un’opzione particolarmente appetibile per la clientela ad elevata patrimonializzazione.
I temi centrali quando si parla di investimenti illiquidi, sia che si tratti di operazioni immobiliari o di investimenti in private equity o private debt di aziende non quotate, sono essenzialmente tre.
Il primo è capire se all’interno della banca o dell’intermediario finanziario ci siano le competenze per fare questo tipo di investimenti. In molti casi conviene affidarsi a società e realtà già consolidate e con comprovata esperienza negli investimenti illiquidi.
Nel caso si propenda per un accordo con una società terza, per evitare di risultare un mero intermediario senza poter dare valore aggiunto, è bene che le operazioni vengano studiate ad hoc e su misura della propria clientela.
Nel caso invece si decida di procedere per competenze interne è bene che queste siano supportate da corrette valutazioni in termini di risk management.
Il secondo tema riguarda la percentuale del proprio patrimonio investibile in questo tipo di operazioni, sappiamo che in USA e UK la clientela HNWI o UHNWI si spinge fino alla soglia del trenta per cento.
In Italia, per cultura e propensione al rischio, un traguardo del cinque-dieci per cento sulla clientela private e del dieci-quindici percento su quella HNWI sarebbe per qualcuno già eccessiva.
Il terzo tema riguarda l’orizzonte temporale richiesto da questi investimenti, mediamente non inferiore ai dieci anni. È bene che vi sia, tra chi li sottoscrive, la consapevolezza che sia necessario lasciare lavorare i capitali investiti, senza la quale si rischierebbe di realizzare un’opera incompiuta.
Oggi non vi è una banca private che non offra investimenti illiquidi in imprese non quotate o operazioni immobiliari di grande visibilità, sarà quindi molto interessante monitorare l’evoluzione di questo mercato in Italia per capirne il futuro.
Nicola Ronchetti