Il Sole 24 Ore | Gennaio 2023
In Italia il successo del modello delle reti di consulenza finanziaria è basato anche (e non solo) sugli incentivi che remunerano i professionisti e le reti distributive garantiti dagli asset manager terzi per la proposizione dei loro prodotti di investimento.
In linea di principio nulla di scandaloso se pensiamo che anche quando facciamo la spesa e acquistiamo un litro di olio, vi è un margine che remunera il produttore e il distributore e che – salvo deviazioni di mercato – garantisce al consumatore finale la qualità di quello che acquista.
Costi e commissioni dovrebbero essere equamente distribuiti tra tutti gli stakeholder (asset manager, distributori, professionisti e investitori finali) per remunerare l’attività di consulenza, evitare il rischio di strozzare le SGR con margini risibili e/o di scaricare sul cliente finale costi a volte superiori ai rendimenti. Visti i 1.700 miliardi di Euro impiantati in liquidità sorge il sospetto che non sia solo un tema di educazione finanziaria ma anche di fiducia.
Fare la guerra agli inducement senza analizzare i possibili scenari potrebbe rivelarsi rischioso: 1) i distributori proporrebbero solo i prodotti di casa, limitando l’offerta, la competizione tra asset manager e quindi probabilmente anche la qualità; 2) a essere penalizzati sarebbero gli investitori finali meno abbienti che non potrebbero pagarsi una consulenza di valore (l’ultimo studio di KPMG divulgato da ADVISOR – Open Financial Communication parla chiaro). Qualche riflessione su Il Sole 24 Ore con Antonio Criscione.