Investire | Aprile 2023
Che l’ego dei consulenti finanziari non sia proprio quello della Piccola fiammiferaia narrata nella bellissima fiaba di Hans Christian Andersen è noto ai più.
D’altronde per fare il consulente finanziario è necessaria una forte autoconsapevolezza delle proprie capacità, abbondantemente condita con un’abbondante dose di autostima.
Il consulente finanziario ha lasciato un posto cosiddetto sicuro, spesso in una banca, per cimentarsi in un’attività imprenditoriale che ha nelle sue capacità individuali la vera chiave del successo.
Detto ciò, oggi più che in passato il supporto della mandante è divenuto centrale sia per alcuni fattori tangibili che per altri intangibili.
Tra i fattori tangibili vi è soprattutto la macchina operativa, ovverossia tutto quello che fa funzionare una rete di consulenti finanziari che operano da sempre fuori sede: sistemi operativi, piattaforme digitali, supporti di back office, dotazioni e piattaforme informatiche.
Il consulente finanziario è come una prima ballerina o un grande tenore: per entrare in scena necessita che tutto funzioni alla perfezione e questo perché è lei/lui a salire sul palco ed a metterci la faccia.
Quindi anche il supporto del suo manager di area deve essere fattuale e oggettivo, poche chiacchere e capacità di risolvere le più annose questioni sia lato rapporto con la sede che con i clienti più complessi.
La gamma e la qualità dei prodotti, come il servizio di advisory interno devono essere al top così da non prestare il fianco a critiche o a insuccessi di cui quasi sempre la responsabilità va condivisa con chi sta in sede.
La formazione è fondamentale, anche in questo caso, da navigati professionisti i consulenti finanziari esigono il meglio, i temi formativi devono essere di attualità e concretamente utili nella loro attività lavorativa.
L’attenzione dei consulenti finanziari sulla formazione non è poi solo sui contenuti ma anche sulla preparazione e la qualità dei relatori, interni ed esterni alla propria mandante.
Vi sono poi alcuni fattori intangibili di cocente rilevanza, tra questi si distingue il senso di appartenenza alla propria squadra, al gruppo dei colleghi, al team di supporto, all’area di appartenenza e – ovviamente e soprattutto – anche alla propria mandante.
Il senso di appartenenza si alimenta molto dalla fiducia nel management sia di area che di sede, cioè di chi guida la società.
Tutto ciò viene ulteriormente cementato dal valore del marchio della propria mandante, in termini di reputazione, di immagine e di visibilità.
Tanto più la mandante è forte, credibile, investe in comunicazione, tanto più i capi delle reti raccolgono consenso unanime anche fuori dalla mandante tanto più i consulenti finanziari si sentono sicuri, attaccati alla maglia e fedeli.
Tutto vero e condivisibile, ma da alimentare c’è sempre l’ego del consulente e da valorizzare le sue capacità individuali.
E qui entra in ballo il personal branding, ovverossia l’insieme delle strategie che vengono adottate per promuovere il proprio profilo professionale al fine di comunicare sé stessi, e gestire in maniera strategica la propria immagine professionale.
Ogni professionista può fare anche da sé, alcune mandanti mettono però a disposizione dei CF un team di esperti. Quasi sempre il risultato della collaborazione con la mandante è decisamente più efficace.
Come nelle migliori fiabe…così personal e corporate branding vissero felici e contenti.
Nicola Ronchetti