IL SALOTTO BUONO

AP Private | Settembre Ottobre 2023

Per accedere all’olimpo e ai salotti buoni della finanza frequentati dal gotha dell’imprenditoria, non basta avere tanti soldi, ci vogliono anche le giuste entrature, le buone conoscenze e un cognome che conta.

Questo è quanto emerge da una ricerca realizzata da FINER su un campione di 1.200 clienti private (con consistenze finanziarie da 1 a 5 milioni di Euro) e 200 clienti HNWI (con consistenze finanziarie comprese tra i 5 e i 30 milioni di Euro).

Tra costoro è molto diffuso il desiderio di partecipare direttamente ai propri investimenti tramite l’acquisto di partecipazioni in aziende non quotate con grande potenziale di crescita, in immobili trofeo e beni illiquidi: lo dichiara il 76% dei clienti private e l’84% dei HNWI.

Questo desiderio sembra però scontrarsi con una grossa frustrazione, infatti solo una parte dei nostri paperoni nostrani ha ricevuto negli ultimi 12 mesi proposte di investimenti diretti in aziende non quotate, per la precisione solo il 17% dei clienti private e il 34% dei clienti HNWI.

La principale spiegazione è che per accedere a investimenti in società non quotate servano competenze specifiche e un team di esperti (per il 59% dei clienti private e il 66% degli HNWI), le giuste entrature negli ambienti che contano (44% dei private e 59% dei HNWI) e consistenze finanziarie di decine o centinaia di milioni di Euro (per il 69% dei private e il 37% degli HNWI).

Pare che ci siano alcune banche private (soprattutto americane e svizzere, ma anche qualche italiana) che non accolgano volentieri clienti con consistenze finanziarie inferiori ai trenta milioni di Euro, che non facciano parte dell’establishment e sprovvisti di almeno un paio di referenze di clienti dal cognome pesante.

Si stanno dunque consolidando anche in Italia – come nel mondo anglosassone – alcuni veri e propri club esclusivi, in grado di offrire ai pochi fortunati eletti la possibilità di accedere a opportunità d’investimento prima e meglio del resto dei comuni mortali.

Tra questi si segnala The Equity Club un’iniziativa di club deal a cui partecipano 90 famiglie di imprenditori, promossa da Mediobanca, la banca che ha da sempre rappresentato nell’immaginario collettivo il salotto buono della finanza italiana.

La ricerca di investimenti alternativi ha però aperto il mercato anche a realtà meno selettive e più accoglienti, che intendono democratizzare gli investimenti in economia reale e illiquidi, mediando direttamente tra imprenditori e investitori.

Tra queste certamente si distingue AZIMUT, da sempre apripista del settore che per prima ha aperto il mercato degli investimenti in economia reale alle reti dei consulenti finanziari, seguita a ruota, ma per ora più timidamente, da altre realtà.  

I club deal esclusivi, riservati agli UHNWI (con patrimoni medi superiori ai 30 milioni di Euro) potrebbero dunque coesistere con altre società accessibili alla clientela affluent (con consistenze finanziarie inferiori ai 500 mila Euro), private (fino a 5 milioni) e HNWI (oltre i 5 milioni ma sotto i 30).

Entrambi i modelli, quello più selettivo ed esclusivo e quello più democratico, per crescere e svilupparsi dovranno dimostrare con i fatti di portare valore ai propri investitori oltre che sontuosi margini a loro stessi.

In attesa di vedere chi vincerà la sfida, tornano alla mente due massime che appaiono di grande attualità, attribuite a Enrico Cuccia mitico fondatore di Mediobanca: “le azioni non si contano, si pesano” e “articolo quinto chi ha i soldi ha vinto”.

Nicola Ronchetti