WEALTH MANAGEMENT IL NUOVO RINASCIMENTO

Investire | Febbraio 2024

Il wealth management si accinge ad affrontare un nuovo rinascimento per almeno quattro motivi.

Il primo è che in tutto il globo assistiamo inesorabilmente ad una concentrazione della ricchezza, aumentano gli individui più patrimonializzati e i ricchi diventano più ricchi.

In Italia, dove la ricchezza è meno concentrata rispetto ad altri paesi europei, il 5% della popolazione detiene il 46% della ricchezza complessiva.

Il secondo motivo è legato a un fattore congiunturale, con la discesa dei tassi le gestioni patrimoniali riprenderanno la loro corsa, momentaneamente rallentata dal fenomeno BTP.

In un’intervista rilasciata a Bloomberg TV da Carlo Messina in occasione del World Economic Forum di Davos, il CEO di Intesa Sanpaolo ha dichiarato che “cento miliardi dei Euro di patrimonio dei nostri clienti possono essere convertiti in prodotti di gestione patrimoniale. Si tratta di una cifra enorme che garantirà delle commissioni.”

In sostanza tutte le banche che saranno in grado di convertire la liquidità in risparmio gestito e gestioni patrimoniali potranno beneficiare di un aumento della redditività una volta che i tassi di interesse inizieranno a scendere rendendo i titoli di stato meno attrattivi.

Il terzo motivo è che la gestione di pochi clienti con grandi portafogli è teoricamente meno complessa che la gestione di tanti clienti con piccole consistenze finanziarie: nel primo caso servono competenze e credibilità, nel secondo maggiori investimenti nell’industrializzazione di processi.

Anche il settore del private banking e del wealth management richiede investimenti sempre maggiori nella digitalizzazione dei processi, ma a fare la differenza rimane il banker o il wealth manager il cui ruolo è centrale.   

Vi è poi un quarto motivo per il quale il wealth management è un settore a cui tutte le banche guardano con crescente interesse, ed è la fedeltà dei clienti e la conseguente stabilità del portafoglio.

Le banche private sono meglio di altre in grado di soddisfare i propri clienti e questo consente una loro maggiore fedeltà e stabilità dei ricavi rispetto ad altri segmenti di clientela più volatili.

Certamente la capacità di erogare un buon servizio di wealth management non è da tutti e richiede esperienza e alcuni ingredienti imprescindibili.

Il primo ingrediente per il successo di un servizio di wealth management è la capacità di poter contare sui migliori professionisti, valorizzando e offrendo prospettive di crescita a chi è già in organico e attraendo i migliori talenti.  

Sulla crescita, sulla ricerca e sulla capacità di attrarre i migliori talenti le banche private hanno investito e stanno investendo ingenti risorse.

Negli ultimi cinque anni gli investimenti in formazione dei private banker sono più che raddoppiati, le occasioni di incontro con il management, fondamentali per rafforzare motivazione e spirito di corpo sono decuplicate, la crescita delle retribuzioni in questo segmento è mediamente due volte superiore a quella del retail banking.

Il secondo ingrediente fondamentale è quello dell’innovazione: il private banker o wealth management è il pivot del private banking, ma non può avere successo se non ha alle spalle una banca che investa in modo significativo sui processi, sull’innovazione digitale e sulla multicanalità.

Se è certamente incontrovertibile il fatto che la relazione tra cliente private e private banker si basi su una relazione personale, è altrettanto vero che per rendere questa relazione massimamente efficiente è quanto mai necessaria la riduzione delle inefficienze legate a procedure obsolete che tolgono tempo e qualità alla relazione.

L’innovazione digitale nel private banking ha stentato a decollare in passato, quando era meno semplice e fruibile da parte dei segmenti senior massimamente rappresentati nel wealth management.

Tutto è cambiato con la diffusione e il maggiore utilizzo anche da parte degli individui più patrimonializzati – tipicamente meno giovani – delle tecnologie touch screen e degli smart phone.

E questo spiega anche il successo delle reti dei consulenti finanziarie, native digitali, nel private banking e nel wealth management.   

Il terzo ingrediente fondamentale per implementare un servizio di private banking è la capacità di costituire team di professionisti con competenze multidisciplinari, e, idealmente, multigenerazionali.

La necessità di padroneggiare più discipline che affianchino la capacità di gestione degli asset finanziari e che includano le tematiche fiscali, successorie, immobiliari e societarie è correlata alla articolazione e alla complessità del patrimonio dei clienti più patrimonializzati.

Il fatto che nel team oltre alle competenze specifiche sia utile anche la presenza di professionisti appartenenti a più generazioni risponde alla esigenza speculare di dialogare con differenti generazioni di clienti: attitudini e linguaggi sono quasi sempre correlati alle differenti coorti generazionali.      

Il quarto ingrediente fondamentale per riuscire a rafforzare il proprio posizionamento con la clientela più patrimonializzata, convertendo la liquidità in gestioni patrimoniali, è la credibilità e l’immagine della banca.

Questo fattore è spesso dato per scontato, altrettanto spesso però gli investimenti per rafforzare il valore del brand di una banca che desideri puntare ai clienti più patrimonializzati non sono proporzionali agli obiettivi che la banca normalmente si dà.

Ci sono eccezioni importanti rappresentate da banche che investono in comunicazione sui media tradizionali e digitali, che organizzano veri e propri road-show sul territorio volti a incontrare centinaio di clienti attuali e potenziali.

Ci sono anche banche che decidono di cambiare nome e quindi identità per meglio rappresentare e intercettare i bisogni dei loro clienti e per acquisirne di nuovi.

Un caso su tutti è quello di Mediobanca che ha dato il suo nome alla ex CheBanca! – divenuta Mediobanca Premier – proprio per valorizzare il DNA di un gruppo e di un brand sinonimo di wealth management.

L’operazione di re-branding segue una precisa strategia “One brand one culture” che mira al rafforzamento del wealth management del gruppo anche nel segmento private oltre che in quello HNWI storicamente presidiato.

L’ultimo fattore necessario per competere e diventare sempre più attrattivi nel segmento del wealth management è legato alle dimensioni della banca o del gruppo di appartenenza.

La riduzione dei margini e l’aumento dei costi derivanti da normative sempre più cogenti, richiedono economie di scala e quindi dimensioni maggiori rispetto al passato.

Le dimensioni conteranno sempre di più nel private banking, non ci sarà un’alternativa alla crescita per linee interne, per le banche già grandi, o alla aggregazione con altre banche, per le banche di medie dimensioni.

Più che in passato le dimensioni sono un requisito imprescindibile per la crescita sostenibile e quindi per la qualità del wealth management.

Nicola Ronchetti