CONSULENZA: GIOVANI CLIENTI CRESCONO

Investire | Luglio Agosto 2024

Sono nati tra il 1990 e 2000 a cavallo tra la generazione Y – i cosiddetti millenials (1981-1990) – e quella Z, l’ultima generazione a essere censita includendo anche i quattordicenni (1997-2010), hanno tra i 34 anni e i 24 anni.

Sono mediamente più istruiti dei loro genitori, non hanno vissuto il fenomeno del boom economico e neanche l’ansia di successo a tutti i costi che ha colpito la generazione dei cosiddetti yuppie.

Sono ovviamente nativi digitali, ma di più, ognuno di loro ha una propria emittente personale, spesso più di una quanti sono i profili social su cui comunicano al mondo.

Hanno un rapporto con il lavoro molto più distaccato di chi li ha preceduti: innanzitutto non sposano l’azienda come i loro progenitori che passavano mediamente dai 30 anni (Silent generation 1925-45) ai 17 anni (boomers 1945-1964) nella stessa realtà.

L’obiettivo di fare carriera per guadagnare che era condiviso dal 75% dei loro genitori per loro vale meno del 50%, mentre danno molta più importanza all’autonomia e all’indipendenza – 39% rispetto al 20% dei loro nonni – come pure all’equilibrio lavoro/vita privata che vale il 17% rispetto ad un misero 5% dei progenitori.

È evidente che tutto ciò abbia un impatto anche molto significativo nel rapporto che i 20-30enni hanno con il denaro, gli investimenti e con la consulenza finanziaria.

La funzione del denaro è più strumentale e finalizzata all’acquisto di oggetti, alla gestione del tempo libero – sport e viaggi – che al risparmio in caso di necessità che è stato il mantra di chi li ha preceduti.

Per loro la banca è una delle tante App sullo smart phone (89%), negli investimenti sono mediamente più propensi al rischio di quanto non lo siano i loro genitori (+17%) e hanno mediamente un orizzonte temporale più lungo (66% oltre i 5 anni).

Sono attratti dal trading on line (75%), ma nell’investire il loro denaro chiederebbero un consiglio ad amici e conoscenti (67%), a professionisti e consulenti (59%) e si informerebbero su Internet (43%).

In questa apparente contraddizione tra propensione più elevata al fai da te mediante una piattaforma di trading on line e una paritetica valorizzazione della figura del consulente finanziario o comunque dell’esperto sta l’essenza di questa generazione: desiderio di essere protagonista delle proprie scelte ma anche richiesta di un supporto di un consulente.

Ma quale è dunque il profilo del consulente ideale a cui affidarsi per un 20-30enne? Iniziamo dall’età che non è un prerequisito fondamentale, anche se un consulente di 55-60 anni è considerato troppo “anziano”, meglio dunque un professionista tra i 35 e i 40 anni, il che rende quanto mai necessaria la crescita della presenza dei giovani consulenti.

Per il 42% dei giovani potenziali clienti meglio se uomo, per il 39% donna, per il rimanente 19% è indifferente. Il che evidenzia l’opportunità di far crescere la percentuale di donne consulenti (oggi sotto il 20%).

Consenso unanime sulla necessità che il consulente usi un linguaggio chiaro, efficace e padroneggi gli strumenti digitali sia della banca che individuali soprattutto per comunicare quando non è strettamente necessario incontrarsi.

Una consulenza moderna, basata sul valore del professionista – anche a distanza – con grande uso di canali e piattaforme digitali, sembra dunque il segreto per conquistare quei 300 miliardi che i più fortunati tra questi giovani uomini e donne erediteranno nei prossimi 10 anni.

Nicola Ronchetti