Investire | Giugno 2024
Che l’ora della consulenza a pagamento dovesse prima o poi scoccare anche in Italia era chiaro e oggi possiamo dire che è finalmente giunto il suo momento.
A sancirlo è stata ASSORETI, Associazione delle Società per la Consulenza agli Investimenti che a partire dal mese di marzo 2024 ha integrato i suoi comunicati stampa mensili con l’inserimento dei volumi di attività associati al servizio di consulenza finanziaria per il quale è prevista una fee specifica e ricorrente versata direttamente dal cliente per la prestazione del servizio (consulenza finanziaria fee only/fee on top).
I motivi per i quali la consulenza a pagamento diventerà una realtà sempre più ineludibile sono essenzialmente tre.
Il primo motivo ha a che fare con il regolatore europeo. Il 20 marzo l’Unione Europea ha approvato una serie di emendamenti all’insieme di proposte legislative riunite sotto la ben nota e temuta Retail Investment Strategy (RIS).
La buona notizia è che dopo aver minacciato di vietare in tutta l’Unione Europea il sistema di remunerazione basato sugli incentivi, la Commissione Europea è ricorsa a più miti consigli, ha modificato il percorso, indicando nuove regole e prassi da seguire.
L’obiettivo della RIS è favorire la riduzione dei costi per gli investitori retail ed eliminare i possibili conflitti di interesse. Le due parole d’ordine sono: trasparenza e rapporto qualità-prezzo.
Se un consulente finanziario propone un prodotto più costoso dovrà fornire le motivazioni. Non si tratta a ben vedere di nulla di così trascendentale se si parte dalla considerazione che il principio del miglior interesse per il cliente non si esprime solamente sulla base del costo del prodotto, ovverossia il prodotto più economico non è detto sia necessariamente il più adatto a un singolo cliente.
Il principio è lo stesso che si applica nell’erogazione di qualsiasi prodotto o servizio proposto a diverse tipologie di clienti, chi ha esigenze più complesse pagherà un servizio su misura naturalmente più costoso rispetto a chi ha necessità più semplici soddisfabili con un’offerta standard.
Asset manager e distributori dovranno quindi differenziare l’offerta e le fee relative in base al differente pubblico di riferimento a cui è destinata.
Il secondo motivo è che la consulenza a pagamento è vista con grande interesse da parte dei clienti più patrimonializzati – private e HNWI – che nel 76% dei casi si dichiara favorevole a pagare una fee di consulenza in cambio di un professionista in grado di ascoltarli e di selezionare le soluzioni caratterizzate dal miglior rapporto costo qualità, il cosiddetto value for money appunto.
Dall’altro lato i clienti meno patrimonializzati potrebbero essere indotti a investire la liquidità sui conti correnti di fronte a un’offerta standard, a basso costo superando l’innata avversione ai costi dei prodotti finanziari (66%).
Il terzo motivo per il quale la consulenza a pagamento si diffonderà sempre di più è perché anche l’86% consulenti finanziari la vede come un’opportunità per valorizzare il proprio lavoro presso il segmento dei clienti più patrimonializzati, ma anche tra quelli che chiedono maggior trasparenza.
Quando gli interessi del regolatore, in questo la Commissione Europea, delle Società per la Consulenza agli Investimenti, dei consulenti finanziari che in esse vi lavorano e dei clienti convergono all’unisono è certo che il percorso è tracciato e il punto di arrivo stabilito.
La consulenza va pagata in proporzione al dispendio di energie, di tempo e di costi sostenuti dal distributore e dal professionista e della complessità di esigenze del cliente.
Nicola Ronchetti