Finer https://www.finer.digital finance explorer Mon, 18 Nov 2024 10:52:51 +0000 it-IT hourly 1 LA CONSULENZA INTELLIGENTE https://www.finer.digital/la-consulenza-intelligente/ Mon, 18 Nov 2024 10:52:50 +0000 https://www.finer.digital/?p=5528 Bluerating | Novembre 2024 Da sempre abituati a operare fuori sede e senza poter contare su una filiale e una presenza fisica sul territorio i consulenti finanziari sono sempre stati i primi ad adottare ogni novità e innovazione che potesse facilitare il loro lavoro. Oggi

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Bluerating | Novembre 2024

Da sempre abituati a operare fuori sede e senza poter contare su una filiale e una presenza fisica sul territorio i consulenti finanziari sono sempre stati i primi ad adottare ogni novità e innovazione che potesse facilitare il loro lavoro.

Oggi la novità è rappresentata dall’Intelligenza Artificiale generativa e sono in molti a chiedersi come questa potrà impattare sul lavoro dei professionisti della consulenza finanziaria.

L’Intelligenza Artificiale consentirà ai consulenti finanziari di ottimizzare il proprio tempo e di dedicarlo prevalentemente alla attività a maggior valore aggiunto ovverosia la gestione dei clienti.

Se è vero che almeno il 50% del tempo dei professionisti che lavorano in banca è dedicato alle attività burocratiche e amministrative, ai consulenti finanziari le stesse attività richiedono poco meno del 30%, quindi una differenza significativa che spiega in parte la maggior proattività dei consulenti finanziari nella gestione dei clienti.

Dover investire metà o anche solo un terzo del proprio tempo in attività che distolgono l’attenzione dal cliente, è sempre meno accettabile soprattutto per le figure di front office.

l’Intelligenza Artificiale, se ben conosciuta e applicata, può produrre effetti benefici in termini di efficienza e di efficacia nella gestione delle attività di back office.

Pensiamo alle attività di gestione delle procedure ripetitive e ricorrenti, al monitoraggio delle attività di risk management e in genere a tutte le operazioni che se opportunamente classificate e ordinate possono essere sistematizzate e risolte con l’Intelligenza Artificiale.

Il vero valore aggiunto dell’Intelligenza Artificiale potrebbe essere però anche un altro. Immaginiamo di poter segmentare i consulenti finanziari in base alle loro attitudini, in attaccanti, difensori e centrocampisti.

Parimenti immaginiamo di poter segmentare i clienti di una banca in base al livello di delega, di conoscenza e interesse verso le tematiche che attengono la gestione del loro risparmio e del loro patrimonio e di classificare i clienti in quattro categorie: deleganti, controllori, protagonisti e partner.

Ognuna di queste quattro tipologie di clienti desidera potersi interfacciare con un consulente finanziario dotato di un approccio differente.

Le combinazioni tra le tipologie di clienti e di professionisti possono poi essere incrociate anche con variabili socio demografiche (genere, età, area geografica, stato civile, professione), entità del patrimonio a cui si potrebbero aggiungere i dati in possesso della banca, in termini di prodotti sottoscritti e masse gestite.

Inoltre le stesse informazioni potrebbero essere arricchite con variabili che attengono alla maggiore o minore soddisfazione dei clienti rispetto alla banca, ai suoi servizi e allo stesso gestore.

Si tratta di una mole di dati e di informazioni che necessitano non solo di essere elaborati ma che, se opportunamente impiegati, possono aumentare le probabilità di successo di qualsiasi iniziativa.

Si tratterebbe di trovare il binomio perfetto cliente-consulente, fondamentale non solo per il successo delle attività di proposizione commerciale ma anche per la riassegnazione dei clienti dormienti a singoli professionisti o a singoli componenti di team caratterizzati da attitudini differenti.

Se tutto ciò non è stato fatto fino ad oggi è anche perché mancava uno strumento in grado di trasformare la teoria in pratica, oggi questo strumento c’è e si chiama Intelligenza Artificiale. 

Nicola Ronchetti

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RECLUTAMENTO DELLE RETI, I MOTIVI CHE TRATTENGONO E QUELLI CHE SPINGONO A CAMBIARE https://www.finer.digital/reclutamento-delle-reti-i-motivi-che-trattengono-e-quelli-che-spingono-a-cambiare/ Fri, 08 Nov 2024 17:41:03 +0000 https://www.finer.digital/?p=5522 Advisor | Settembre 2024   Per garantirsi altri anni di successi, le reti dei consulenti finanziari hanno oggi più che mai la necessità di trattenere i loro migliori professionisti e al contempo di attrarne di nuovi. È quindi fondamentale comprendere quali siano le leve in

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Advisor | Settembre 2024  

Per garantirsi altri anni di successi, le reti dei consulenti finanziari hanno oggi più che mai la necessità di trattenere i loro migliori professionisti e al contempo di attrarne di nuovi.

È quindi fondamentale comprendere quali siano le leve in grado di fidelizzare chi è già CF e quelle che consentono di attrare nuovi talenti anche dalle banche tradizionali, possibilmente con un’attenzione alle donne sottorappresentate nel mondo della consulenza finanziaria. 

FINER ha condotto un’indagine che ha coinvolto un campione di consulenti finanziari e di dipendenti bancari, con un focus sui percorsi di carriera, le ambizioni personali e professionali e la propensione a cambiare lavoro.

In termini di carriera i CF sono più attratti da un progetto di crescita individuale, i dipendenti bancari dallo status aziendale e dagli aspetti retributivi; a livello di genere le donne sono più interessate alla realizzazione di un progetto in team e alla crescita formativa. 

I CF sono interessati a posizioni manageriali purché chiaramente inquadrate in un progetto sfidante, molti di loro preferiscono però seguire i clienti anziché coordinare altri colleghi.

Per i dipendenti bancari gli ostacoli alla crescita manageriale sono la scarsità di posizioni disponibili e la riduzione dell’organico.  Per le donne la possibilità di sviluppare una carriera manageriale, si scontra con una scarsa meritocrazia e una persistente discriminazione di genere.

Le poche donne manager vengono molto apprezzate dai colleghi soprattutto per la loro maggior capacità di ascolto, l’empatia la capacità di instaurare un confronto costruttivo. I migliori risultati del lavoro si registrano infatti in team dove la presenza di donne e uomini è maggiormente equilibrata.

Anche nella relazione con i clienti le donne si caratterizzano per queste doti unite a una maggior calma e a minori ansie da presentazione rispetto ai loro colleghi.

In termini di ambizioni personali e professionali: i CF si dichiarano più competitivi e ambiziosi della maggior parte dei dipendenti bancari, che alla competizione prediligono la cooperazione e l’esecuzione delle direttive aziendali essendo meno attratti dalle sfide individuali. Le donne sono mediamente più portate ad una collaborazione costruttiva ma con una sana dose di competitività individuale.

La propensione a cambiare lavoro è più elevata tra i dipendenti bancari, maggiore per gli uomini che per le donne; la soddisfazione per il proprio livello retributivo è mediamente più elevata tra i CF, più critici i dipendenti bancari e le donne.

Tra i driver al cambiamento di azienda, per i CF si rileva l’importanza della sfida professionale (nuova rete, nuovi traguardi); per i dipendenti la retribuzione, le dotazioni aziendali, il prestigio, la visibilità e la gestione dei collaboratori; per le donne sono importanti soprattutto la formazione, gli strumenti di lavoro e il welfare famigliare.

CF e dipendenti bancari hanno un differente DNA sviluppato ambienti di lavoro molto diversi per prospettive di crescita e realizzazione professionale e personale.

In sede di reclutamento e retention più che proposte omogenee è fondamentale conoscere a fondo e individualmente ogni professionista, quindi calibrare l’offerta di lavoro con le sue attitudini, capacità e obiettivi.

Solo dopo questo processo si potrà offrire a ogni singolo candidato una vera opportunità di lavoro che, con buona probabilità, verrà accettata con reciproca soddisfazione.

Alcune banche e reti lo hanno capito bene, altre decisamente meno.  

Nicola Ronchetti

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DA BANCARIO A CONSULENTE MANCA L’ESODO https://www.finer.digital/da-bancario-a-consulente-manca-lesodo/ Tue, 05 Nov 2024 17:48:29 +0000 https://www.finer.digital/?p=5516 Bluerating | Ottobre 2024 Il 34% dei bancari si dichiara disponibile a prendere in considerazione la possibilità di lavorare come consulente finanziario con un contratto di agenzia e partita iva nelle principali reti di consulenza finanziaria (fonte ricerca FINER 2024 per ASSORETI). I dipendenti bancari

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Bluerating | Ottobre 2024

Il 34% dei bancari si dichiara disponibile a prendere in considerazione la possibilità di lavorare come consulente finanziario con un contratto di agenzia e partita iva nelle principali reti di consulenza finanziaria (fonte ricerca FINER 2024 per ASSORETI).

I dipendenti bancari in Italia sono 265.000, anche considerando solo coloro che lavorano a diretto contatto con i clienti, dovremmo avere qualche migliaio di bancari in fila per entrare nelle banche reti.

Il fatto che non si registri questo esodo massiccio, nonostante le dichiarazioni di intenti, è spiegato da almeno tre fattori.

Il primo è un fattore personale: il salto da dipendente a consulente a partita iva, cioè di fatto a imprenditore di sé stesso, non è per tutti, va interiorizzato, valutato individualmente e poi – fondamentale – va incentivato e adeguatamente supportato da parte della banca rete.

Le reti hanno fatto passi da gigante negli ultimi anni in termini di capacità di attrazione dei migliori talenti, dentro e fuori dal settore della consulenza finanziaria. Tuttavia ci sono ancora ampi spazi di miglioramento.

A livello organizzativo il ruolo del reclutatore andrebbe definito con obiettivi e ruoli precisi, cosa che non sempre accade.

Servirebbero poi più ambasciatori che meri reclutatori, in grado di trasferire il valore di una professione che non è per tutti ma è certamente per molti che ancora non lo hanno compreso.

Spesso rileviamo che questo compito è affidato prevalentemente a chi, pur essendo un ottimo manager, non ha in sé tutte le doti, la sensibilità e la capacità di attrarre e offrire una reale prospettiva di crescita a un potenziale candidato.

Alcune reti lo hanno capito bene e supportano la crescita della rete coinvolgendo anche la funzione HR della banca, oltre che consulenti esterni, altre sembrano essere ancorate a logiche passate.     

Il secondo motivo è che la banca, per molti è vista ancora come un porto più sicuro di una rete, in grado di offrire una maggior sicurezza economica, minori rischi di fallire nel proprio lavoro e comunque il giusto rapporto tra qualità della vita e lavoro anche grazie a un minor sforzo richiesto nello sviluppo della clientela.

C’è poi un tema legato al welfare aziendale molto rilevante soprattutto per le donne ma non solo, la banca da questo punto di vista sembra offrire maggiore protezione e garanzie più estese, le reti su questo fronte possono ancora fare molto. Per attrarre e trattenere i migliori talenti dal mondo delle banche vanno dunque considerati anche altri aspetti meno tangibili del denaro come la formazione e la valorizzazione del lavoro in team sfatando il mito del consulente lupo solitario, che spaventa i più pavidi.

Il terzo motivo è legato al valore del brand delle banche che, mediamente e con le dovute eccezioni, beneficiano ancora di livelli di conoscenza maggiore, di una brand equity più solida e di una reputazione più rassicurante rispetto alla media delle reti.

A ciò si aggiunga che la soddisfazione dei bancari verso la propria banca, seppur ancora inferiore a quella dei consulenti, è in crescita rispetto allo scorso anno, certamente grazie ai risultati record delle banche che hanno consentito incrementi retributivi, un ritorno ad un maggior protagonismo anche a livello internazionale e un conseguente aumento della fiducia nel management.

Le difficoltà nel promuovere e valorizzare il ruolo del consulente finanziario, dimostrare il potenziale delle reti, spiegare la loro evoluzione nel tempo, supportare  e aiutare a superare le paure di chi non osa fare il salto sono ancora oggi le vere barriere all’esodo massiccio di bancari.

Nicola Ronchetti

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FINANZA COMPORTAMENTALE: SE DUE NOBEL VI SEMBRANO POCHI https://www.finer.digital/finanza-comportamentale-se-due-nobel-vi-sembrano-pochi/ Fri, 25 Oct 2024 16:49:53 +0000 https://www.finer.digital/?p=5510 Investire | Ottobre 2024 Daniel Kahneman compianto premio Nobel per l’economia nel 2002 è stato il primo psicologo a ottenere questo riconoscimento come padre della finanza comportamentale. Il suo lavoro ha messo in dubbio il concetto di razionalità alla base dei processi decisionali, ribaltando i

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Investire | Ottobre 2024

Daniel Kahneman compianto premio Nobel per l’economia nel 2002 è stato il primo psicologo a ottenere questo riconoscimento come padre della finanza comportamentale.

Il suo lavoro ha messo in dubbio il concetto di razionalità alla base dei processi decisionali, ribaltando i presupposti che avevano dominato l’economia per secoli. 

Nel 2011, Kahneman con il bestseller “Pensieri veloci e lenti” (Thinking, Fast and Slow), ha presentato una visione completa della mente governata da due sistemi, uno veloce e intuitivo, l’altro lento e più razionale.

Un altro psicologo, Richard Thaler, vincerà il premio Nobel per l’Economia nel 2017 per i suoi lavori culminati nel libro Nudge, in cui identifica le modalità con cui le storture nei processi decisionali possono essere corretti dai condizionamenti positivi indotti dal contesto.

Due premi Nobel conosciuti da tutti i professionisti della gestione del risparmio e considerati due mostri sacri, ma evidentemente non così sacri da studiarne bene gli studi e soprattutto dall’applicarne concretamente e nell’attività quotidiana i loro principi frutto di anni di studi.

Dalla ricerca che FINER ha condotto per EFPA e che ha coinvolto un campione di professionisti (consulenti finanziari, private banker e bancari) e di investitori finali è emerso come la finanza comportamentale, o meglio i suoi principi, siano conosciuti solo dal 66% dei primi e dal 17% dei secondi.

Come se non bastasse, tra chi ha dichiarato di conoscere i principi della finanza comportamentale, solo il 34% dei professionisti e il 17% degli investitori finali li applica concretamente.

I pochissimi tra i professionisti e i clienti che applicano i principi della finanza comportamentale lo fanno quasi esclusivamente (79% e 85%) come argomento di conversazione e non nelle scelte di investimento (21% e 15%).

Il paradosso è che i professionisti e i loro clienti che applicano i principi della finanza comportamentale nelle loro scelte di investimento ne riconoscono l’utilità rispettivamente nell’81% e nel 75% dei casi.

Tra i motivi della riconosciuta utilità della applicazione della finanza comportamentale per i professionisti e i loro clienti emergono la maggior consapevolezza delle scelte (81% e 76%), il miglioramento del dialogo tra consulente-cliente (69% e 71%), il superamento delle barriere a investire (42% e 59%) e la maggior serenità e tranquillità (33% e 29%).

I sei errori cognitivi più diffusi tra gli italiani sono: l’avversione alle perdite (82%), l’effetto gregge (75%), l’inerzia ovverossia prendere decisioni sulla base di schemi familiari già sperimentati (62%), l’ancoraggio, cioè il fissarsi sulle prime informazioni ricevute (51%), l’eccesso di fiducia (44%) e l’errore di attribuzione che consiste nell’ascrivere a sé stessi il merito delle scelte con esito positivo, attribuendo invece ad altri la colpa di quelle andate male (38%).

L’analisi dei sei errori cognitivi più diffusi tra gli italiani svela poi alcuni risvolti interessanti: esistono differenze significative, tra donne e uomini, tra chi possiede patrimoni di differente entità, tra differenti coorti generazionali.

Vi è dunque l’opportunità di segmentare in modo pratico e concreto gli investitori attuali e potenziali definendo per ognuno di essi la modalità di approccio più corretta e le caratteristiche del professionista per loro ideale.

Tutto ciò consentirebbe di ampliare il bacino degli investitori e la crescita della loro consapevolezza: cosa aspettiamo dunque per passare dalla teoria alla pratica?

Nicola Ronchetti

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PROTEZIONE E ASSET MANAGEMENT: LE BANCHE SERRANO I RANGHI https://www.finer.digital/protezione-e-asset-management-le-banche-serrano-i-ranghi/ Fri, 18 Oct 2024 10:32:58 +0000 https://www.finer.digital/?p=5499 Insurance Daily | Ottobre 2024 Due recenti operazioni di M&A di UniCredit e di BNP Paribas stanno mettendo in luce quello che i più attenti osservatori del mercato avevano previsto da tempo. UniCredit, in attesa di conquistare Commerzbank, consolida la propria posizione nel ramo vita

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Insurance Daily | Ottobre 2024

Due recenti operazioni di M&A di UniCredit e di BNP Paribas stanno mettendo in luce quello che i più attenti osservatori del mercato avevano previsto da tempo.

UniCredit, in attesa di conquistare Commerzbank, consolida la propria posizione nel ramo vita con la duplice acquisizione delle quote nelle due storiche joint venture, con Allianz e CNP, riportando in casa le fabbriche prodotto legate al ramo a maggior marginalità e potenziale di crescita in cui le banche stanno giocando un ruolo da protagonista.

Con questa operazione UniCredit diventa il quarto operatore nel ramo vita in Italia con quasi 8 miliardi di premi, il terzo nella bancassurance e il primo nelle Unit Linked.

La scelta che ha sorpreso i partner è stata facilitata anche dal Danish Compromise un principio contabile finalizzato ad agevolare i conglomerati finanziari composti da istituti di credito e compagnie assicurative, grazie al quale l’assorbimento di capitale risulta estremamente più favorevole di quanto non lo fosse al momento del rinnovo delle joint venture.

BNP Paribas acquista per 5,1 miliardi cash AXA Investment Management, la società di gestione patrimoniale del colosso assicurativo francese che ha deciso di focalizzarsi unicamente sul core business della protezione.

Il gruppo bancario BNP Paribas, con questa mossa arriverà a gestire complessivamente 1.500 miliardi di Euro, frutto della integrazione delle masse in capo AXA IM e a BNP Paribas Asset Management, divenendo il quarto operatore a livello europeo.

Operazione anch’essa dotata di gran senso: la gestione patrimoniale è un’attività altamente redditizia e relativamente poco onerosa, che ha quindi senso portarsi a casa mantenendo nel perimetro del gruppo patrimonio e utili.

A indurre BNP Paribas all’acquisto di AXA IM hanno anche contribuito i quasi 220 miliardi di asset alternativi di AXA IM (pari al 30% degli asset in gestione), la maggior parte dei quali è costituita da immobili e debito privato, ideali per la clientela istituzionale e High Net Worth del gruppo bancario BNP Paribas.

Rafforzare e portare in house le fabbriche prodotto, sia lato gestione del patrimonio che protezione, sarà il mantra dei prossimi anni, quando con l’abbassamento dei tassi i ricavi dipenderanno sempre di più dai proventi da commissioni di gestione e consulenza finanziaria.

C’è da aspettarsi che anche sul fronte delle società di gestione del risparmio UniCredit calerà presto un altro asso, la joint venture NOVA Investment Management con AZIMUT, che prevede l’acquisto della quota di controllo, la scadenza dell’accordo, nel 2027, con AMUNDI, la creazione della piattaforma Onemarkets Funds, sono chiari indizi di una strategia annunciata.

A rendere ancora più efficace la mossa di Andrea Orcel sul ramo vita, c’è il reclutamento di uno dei manager più capaci e stimati dal mercato, Alessandro Santoliquido, a capo del business assicurativo di UniCredit a livello paneuropeo.

Il manager si è dato due anni per consolidare UniCredit Vita, puntando sulle polizze vita miste, ovverossia non puro investimento ma con una componente assicurativa in combinazione con una gestione dinamica del portafoglio.

Anche sul fronte BNP Paribas c’è un manager che gode di stima e fiducia del mercato con una forte reputazione all’interno del gruppo francese, Alessandro Pierri, già CEO di Pioneer poi ceduta ad AMUNDI, e da tre anni CEO di BNP Paribas Asset Management.

Per realizzare queste strategie destinate a cambiare il settore della finanza e della protezione, servono dunque manager capaci e dotati di visione e pare proprio che almeno in  questo in Italia non siamo secondi a nessuno.

Nicola Ronchetti

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CONSULENTI: LA FINANZA COMPORTAMENTALE È SOTTOUTILIZZATA https://www.finer.digital/consulenti-la-finanza-comportamentale-e-sottoutilizzata/ Tue, 08 Oct 2024 13:41:28 +0000 https://www.finer.digital/?p=5476 LA RICERCA FINER PER EFPA ITALIA Il Sole 24 Ore PLUS | Ottobre 2024 La finanza comportamentale è cosa per premi Nobel, ma non per i consulenti finanziari italiani e per i loro clienti. La ricerca realizzata da Finer per il Meeting annuale di Efpa

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LA RICERCA FINER PER EFPA ITALIA

Il Sole 24 Ore PLUS | Ottobre 2024

La finanza comportamentale è cosa per premi Nobel, ma non per i consulenti finanziari italiani e per i loro clienti. La ricerca realizzata da Finer per il Meeting annuale di Efpa Italia, svoltosi nei giorni scorsi a Firenze, con il tema «WYSIATI. Finanza tra realtà e profezia», mostra infatti che solo il 17 per cento dei clienti e il 66 per cento dei professionisti dice di sapere di cosa si tratta. L’Efpa, organismo professionale preposto alla definizione di standard e alla certificazione dei Financial Advisors e dei Financial Planners, riunisce nel meeting professionisti del risparmio, operatori ed esperti dei servizi di investimento.
La sigla che dà il titolo al Meeting si riferisce all’espressione “What You See Is All There Is”, che si traduce con «tutto ciò che vedi è tutta la realtà». Espressione usata dal premio Nobel Daniel Kahneman, recentemente scomparso, che indica una scorciatoia mentale che ci porta a credere di avere un quadro di riferimento completo sulle questioni su cui decidiamo. E dunque al centro dell’incontro sono le opportunità della finanza comportamentale nel bagaglio conoscitivo di un professionista del risparmio. Nicola Ardente, vice presidente e reggente di Efpa Italia, spiega così la scelta del tema: «Siamo un ente autorevole di certificazione delle competenze dei consulenti finanziari. Abbiamo raggiunto la quota 11.500 certificazioni e questo è un traquardo importante. La finanza comportamentale è uno dei temi fondamentali del bagaglio conoscitivo del consulente. A Firenze abbiamo voluto proporre delle riflessioni per ragionare in maniera ampia rispetto agli impatti della finanza comportamentale sia nei confronti del cliente, sia degli stessi consulenti come operatori, per analizzare i limiti cognitivi che spesso inducono ad avere una visione limitata». Ruggero Bertelli, dell’Università di Siena rilancia: «Lo sguardo basso, rivolto solo a quello che si vede ora, è uno sbaglio. Occorre che i consulenti siano architetti delle scelte dei risparmiatori, spiegando che occorre parlare di investimenti più che di risparmio, che non ha senso parlare di investimenti se non si ha un orizzonte lungo, altrimenti è semplice liquidità». E Giorgio De Rita del Censis, richiamando il titolo dell’evento ricorda che profezia non è una forma della fantasia, ma guardarsi dentro per capire cosa si potrà essere.
Come è però la situazione? «La cosa impressionante che ci ha colpito di più – spiega Nicola Ronchetti, Ceo di Finer – è che nonostante di finanza comportamentale si parli da anni, pochi la conoscono e pochi, sia tra i consulenti finanziari dove abbiamo poco più del 60% che sa di cosa si tratta e addirittura meno del 20% tra gli investitori. Ma la cosa più impressionante è che quei pochi, quelli che la conoscono tra i private bank e i consulenti finanziari, la usano prevalentemente per dialogare con i clienti e non per elaborare per esempio, un portafoglio, fare una asset allocation».
La conoscenza della finanza comportamentale, per quanto riguarda gli investitori, è più diffusa nelle seguenti categorie di soggetti: uomini, boomer, residenti al Nord, istruiti, multibancarizzati, clienti di una rete, con alto patrimonio. Per i professionisti invece sono più “avanti” quelli che hanno delle certificazioni, le donne, i giovani, i residenti al Nord, quelli più istruiti e quelli con portafoglio sopra la media. Secondo lo studio di Finer, inoltre, gli errori cognitivi più diffusi (avversione alle perdite, effetto gregge, inerzia, ancoraggio, eccesso di fiducia, errori di attribuzione) evidenziano differenze significative per genere, età e patrimonio. Per esempio l’avversione alle perdite è l’elemento che registra il maggior numero di riscontri quasi per tutte le età, tranne nella generazione Z (1997-2012) in cui l’effetto gregge supera l’avversione alle perdite e nei millennials (1980-1996) in cui i due valori sono molto vicini. L’eccesso di fiducia non è ai primissimi posti (ma potrebbe essere pure questo un effetto di un eccesso di fiducia, ndr). Passando alla distribuzione di questi bias per consistenza del patrimonio, risulta che il settore mass market è più “deviato” dall’effetto gregge che dall’avversione alle perdite, situazione che si inverte nel caso degli affluent e dei “private-Hnwi”, che effettivamente hanno più da perdere. Queste differenze, secondo Finer, offrono l’opportunità di segmentare in modo pratico e concreto gli investitori attuali e potenziali. E aggiunge Ronchetti: «E questo ha un potenziale enorme anche nella capacità di convertire l’enorme patrimonio liquido che gli italiani hanno ancora e che non investono per la paura di approcciare asset fuori da quelli tradizionali, ovvero l’immobiliare e i titoli di debito pubblico».

Antonio Criscione

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CONSULENZA FINANZIARIA QUANDO IL DENARO NON È TUTTO https://www.finer.digital/consulenza-finanziaria-quando-il-denaro-non-e-tutto/ Mon, 30 Sep 2024 15:28:07 +0000 https://www.finer.digital/?p=5469 Investire | Settembre 2024 Il settore della consulenza finanziaria cresce ogni anno a ritmi impressionanti, sia in assoluto che rispetto ad altri settori limitrofi che mostrano trend di crescita decisamente più asfittici. Considerando le attuali quote di mercato conquistate dai consulenti finanziari – oggi pari

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Investire | Settembre 2024

Il settore della consulenza finanziaria cresce ogni anno a ritmi impressionanti, sia in assoluto che rispetto ad altri settori limitrofi che mostrano trend di crescita decisamente più asfittici.

Considerando le attuali quote di mercato conquistate dai consulenti finanziari – oggi pari al 20% del totale investitori e al 40% di quelli private – vi sono ampie prospettive di crescita e vi è spazio per almeno altri 7.000 professionisti.   

Eppure le reti faticano ad attrarre nuovi talenti provenienti dal settore bancario o da altri settori e, in assenza di alternative, per crescere sono costrette a reclutare professionisti da altre reti in un gioco che – per il settore – è a somma zero.

Passare da dipendente a consulente finanziario consentirebbe di aumentare da cinque a dieci volte la propria retribuzione annuale lorda che nel migliore dei casi oscilla tra i cinquantamila e i settantamila Euro.

Per reclutare un consulente finanziario da una rete concorrente, ci sono realtà disposte a mettere sul piatto un incentivo che a volte supera il 4% delle masse gestite dal singolo professionista, il che significa un incentivo al cambio di rete quantificabile in milioni di Euro.   

Se l’aspetto retributivo è dunque condizione necessaria ma non sufficiente per attrarre nuovi talenti, cosa altro serve per indurre un dipendente bancario a diventare un consulente finanziario o a chi lo è già a scegliere un’altra rete?

Per rispondere a questa domanda ci sono alcune evidenze empiriche emerse sia dalla ricerca FINER fatta per ASSORETI e presentata ad aprile al Salone del Risparmio 2024, che dai più recenti monitoraggi continuativi condotti da FINER.

Per gli oltre cinquemila professionisti intervistati – selezionati tra i consulenti finanziari, i private banker e i gestori bancari delle principali banche e reti – emerge in modo inequivocabile la rilevanza dell’immagine e della reputazione della banca o della rete nel valutare un possibile cambio di casacca.

Queste evidenze empiriche sono ulteriormente confermate incrociando i dati dei reclutamenti comunicati dalle reti – numero di professionisti in entrata – con quelli che quantificano il valore dell’immagine delle stesse monitorate da FINER.

Dall’analisi emerge una correlazione statistica diretta: le prime reti per numero di consulenti reclutati negli ultimi dodici mesi, corrispondono quasi esattamente – anche nella posizione in classifica – alle prime reti che godono di un’immagine e di una reputazione superiore alla media.

A ciò si aggiunga che l’immagine e la reputazione delle banche e delle reti percepite da chi in esse vi lavora, unitamente alla loro soddisfazione, sono un potente propellente in grado di aumentare la cosiddetta retention, ovverossia la capacità di trattenere e fidelizzare i consulenti della propria banca.

Inoltre quello che vale per i clienti vale anche per i consulenti: acquisire un nuovo consulente costa mediamente cinque volte di più che trattenerne e fidelizzarne uno che già lavora in banca.

Sembrerebbe una cosa semplice, ma non lo è: per costruirsi una buona immagine e una solida reputazione – interna ed esterna – ci vogliono anni di impegno, mentre basta un attimo per distruggerla.

Quasi tutte le reti e le banche hanno ben chiara l’importanza della loro immagine sia per i clienti che per chi in esse vi lavora, alcune partono con una solida rendita di posizione, altre più giovani se la sono costruita in tempi più recenti.

Per tutte vale lo stesso principio: per fare proseliti – sia tra i clienti che tra i professionisti – più del denaro poté l’immagine.

Nicola Ronchetti

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IL VALORE DELLA CERTIFICAZIONE https://www.finer.digital/il-valore-della-certificazione/ Mon, 23 Sep 2024 17:47:17 +0000 https://www.finer.digital/?p=5462 ADVISOR | Settembre 2024 Il successo della consulenza finanziaria in Italia si deve ai professionisti e alle professioniste che di questo settore sono i veri e propri pivot. Uno dei segreti del successo di questa professione è la capacità di unire la funzione e il

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ADVISOR | Settembre 2024

Il successo della consulenza finanziaria in Italia si deve ai professionisti e alle professioniste che di questo settore sono i veri e propri pivot.

Uno dei segreti del successo di questa professione è la capacità di unire la funzione e il supporto della azienda (nel nostro caso la rete/mandante), tipica di tutte le comunità aziendali organizzate, con una parallela spinta imprenditoriale che nasce a livello individuale dal singolo professionista (il consulente finanziario).

Questa spinta porta i consulenti finanziari a mettersi sempre in discussione investendo a livello personale nel proprio lavoro e nella formazione continua come solo i migliori liberi professionisti (medici, avvocati, architetti) sanno e possono fare.

Quindi il valore della certificazione delle competenze assume per i consulenti finanziari un valore crescente e mediamente superiore a quello attribuito da altri professionisti.

A dircelo sono i numeri di EFPA (European Financial Advisor Association) che ha visto crescere esponenzialmente negli ultimi anni i professionisti certificati.

EFPA ha saputo cogliere tutte le opportunità del mercato prima e meglio di altri, valorizzando le tre certificazioni standard (in ordine crescente EIP, EFA e EFP) ma anche ampliando l’offerta a quelle specialistiche.

Le certificazioni specialistiche abbracciano tutti gli ambiti di maggiore attualità e rilevanza: ESG (ESG Advisor e Expert), protezione (European Insurance Specialist), pensione (EPS), pianificazione finanziaria e analisi portafoglio (PPF e TAP), pianificazione patrimoniale e successoria (PPS), private market (PMK), investimenti non convenzionali (UIS), economia e finanza (EFD), finanza comportamentale (FBA) e Intelligenza Artificiale (EAI).

Gli straordinari risultati conseguiti da EFPA in termini di aumento di professionisti certificati, passati dai 5.758 del 2017 agli attuali 11.569 (al 1/8/24), sono una chiara testimonianza del valore che i professionisti del risparmio (consulenti finanziari e bancari) danno alla certificazione delle competenze.

Un’ulteriore conferma dell’accresciuto valore della certificazione delle competenze viene dal confronto dei risultati di una ricerca condotta da FINER nel 2024 con i dati di un’analoga ricerca condotta dal sottoscritto nel 2011 per EFPA.

Tra i clienti la percentuale di quanti ritengono molto importante che il proprio consulente finanziario sia certificato secondo standard riconosciuti a livello europeo è passata dal 41% del 2011 al 66% del 2024.

Nel 2011 il 23% dei professionisti non certificati EFPA dichiarava di valutare l’ipotesi di certificarsi, nel 2024 è cresciuta al 34%.

Tra i professionisti certificati EFPA nel 2011 solo il 9% riteneva che la certificazione fosse molto importante anche per i propri clienti, nel 2024 è il 19%.

Nel 2011 solo il 18% dei professionisti certificati dichiarava di comunicare ai propri clienti il raggiungimento della certificazione EFPA nel 2024 siamo al 36%.

Sempre nel 2011 il 61% dei professionisti certificati riteneva che la certificazione EFPA fosse molto importante per la propria professione, nel 2024 si raggiunge l’85%.

È molto bello constatare che sempre più consulenti finanziari pongano la formazione continua e la conseguente certificazione delle competenze acquisite al centro della loro agenda.

Investire su sé stessi e sulla propria professione è garanzia di un futuro sempre più ricco di soddisfazioni per i consulenti e per i loro clienti.

Nicola Ronchetti

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SEMESTRALI E SODDISFAZIONE DEI CF: LE CONVERGENZE PARALLELE https://www.finer.digital/semestrali-e-soddisfazione-dei-cf-le-convergenze-parallele/ Thu, 19 Sep 2024 09:41:04 +0000 https://www.finer.digital/?p=5456 Bluerating | Settembre 2024 Le semestrali delle reti hanno confermato un’industria sana e in continua crescita con risultati ancora più positivi (mediamente di un + 10%) rispetto a un anno fa. Certo i tassi di interesse hanno dato un aiutino, soprattutto a quelle banche reti

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Bluerating | Settembre 2024

Le semestrali delle reti hanno confermato un’industria sana e in continua crescita con risultati ancora più positivi (mediamente di un + 10%) rispetto a un anno fa.

Certo i tassi di interesse hanno dato un aiutino, soprattutto a quelle banche reti maggiormente caratterizzate da impieghi – prestiti e mutui ai clienti – con la BCE che paga i depositi infruttiferi dei clienti un sontuoso 3,75% alle banche depositarie.

Che con questi tassi avere una banca sia una manna, lo conferma anche la nascente TNB (The New Bank) di AZIMUT (l’unica rete tra le big a non avere una licenza bancaria): alla sfida di creare una fintech che valorizzi appieno il Gruppo fondato da Pietro Giuliani vi è anche l’obiettivo di cogliere le opportunità che i tassi positivi stanno dando e daranno per i prossimi anni.

Ma al di là dei fattori esogeni, il dato di fatto è che le reti dei consulenti finanziari rappresentano un’eccellenza nel panorama delle banche, il loro modello di servizio è quello vincente, rappresentando il giusto connubio tra piattaforme digitali all’avanguardia e professionisti al servizio dei clienti.

E sono proprio loro, i consulenti finanziari, i veri artefici del successo delle reti: la loro soddisfazione, il loro senso di appartenenza e quindi la capacità – da parte di chi li guida – di farli sentire parte di un progetto e di una squadra sono i fattori che determinano il successo delle loro stesse reti.

La motivazione dei consulenti finanziari viene alimentata quotidianamente, da parte dei manager di rete e dalle figure apicali, contribuendo a dare la carica emotiva necessaria al raggiungimento di obiettivi sempre più sfidanti.

È interessante constatare l’esistenza di una correlazione tra la soddisfazione dei consulenti finanziari e i risultati finanziari delle reti: le reti con i consulenti mediamente più soddisfatti registrano i migliori risultati, sia in termini di raccolta che di margini.

Oltre venti anni di ricerca dimostrano inequivocabilmente una correlazione matematica tra soddisfazione dei consulenti finanziari e risultati economici e finanziari delle reti a cui essi appartengono.

Questa correlazione, riscontrabile in quasi tutte le organizzazioni, è però certamente maggiore rispetto ad altre che operano nello stesso settore (banche tradizionali, società finanziarie e di gestione del risparmio), a dircelo sono le serie storiche degli ultimi due decenni di analisi della soddisfazione dei CF.

Anche questo anno abbiamo infatti avuto una piacevole conferma: i risultati finanziari delle semestrali delle reti trovano un riscontro empirico nei numeri della soddisfazione media dei consulenti finanziari intervistati nell’ambito del monitoraggio annuale FINER CF Explorer che ha coinvolto oltre 5.000 professionisti delle 15 reti che rappresentano oltre il 95% del mercato.

In particolare crescono mediamente del + 10% – rispetto allo scorso anno – la soddisfazione complessiva, il senso di appartenenza e il coinvolgimento.

La soddisfazione dei consulenti finanziari e i risultati finanziari delle reti a cui appartengono sono come le convergenze parallele: apparentemente disgiunte ma accomunate dalla stessa traiettoria e dalle stesse dinamiche.

Investire sul coinvolgimento e sulla soddisfazione dei propri consulenti finanziari è dunque il mantra che garantisce al contempo la capacità di trattenere e attrarre i migliori talenti e raggiungere i migliori ritorni economici.

Evidentemente chi guida le reti lo ha capito prima e meglio di altri.

Nicola Ronchetti

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CONSULENZA FINANZIARIA E TRANSIZIONE DIGITALE: CACCIA AI TALENTI https://www.finer.digital/consulenza-finanziaria-e-transizione-digitale-caccia-ai-talenti/ Tue, 03 Sep 2024 16:32:52 +0000 https://www.finer.digital/?p=5449 Economy | Agosto 2024 La transizione digitale nelle reti dei consulenti finanziari è sempre avvenuta in modo naturale, senza traumi perché fin dalla loro nascita queste realtà hanno avuto come unica opzione quella di cavalcare le innovazioni. Negli anni 80 i consulenti finanziari furono i

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Economy | Agosto 2024

La transizione digitale nelle reti dei consulenti finanziari è sempre avvenuta in modo naturale, senza traumi perché fin dalla loro nascita queste realtà hanno avuto come unica opzione quella di cavalcare le innovazioni.

Negli anni 80 i consulenti finanziari furono i primi ad adottare i telefoni portatili pesantissimi e ingombranti ma utilissimi per una professione itinerante che non poteva contare su una presenza fisica sul territorio.

Poi sappiamo come è andata, quello che pareva un limite si è trasformato in un vantaggio competitivo straordinario dando alla professione del consulente finanziario una marcia in più di fronte all’avanzare della desertificazione bancaria e dell’ondata digitale che ha stravolto il mondo bancario.

Oggi per fare banca in modo vincente si deve poter contare sul giusto mix piattaforme digitali/professionisti di qualità, che è da sempre il DNA delle reti.

Dopo la rivoluzione di Internet, oggi la novità sembra essere rappresentata dall’Intelligenza Artificiale, con investimenti che per il 2024 si stimano in 6 miliardi di dollari per acquistare programmi e servizi di AI Generativa e che lieviteranno nel 2030 a 85 miliardi di dollari.

Al di là di questi numeri impressionanti, la sensazione dei più qualificati operatori è che in questo momento l’industria non sia pronta a recepire l’AI nella sua piena esecuzione all’interno delle piattaforme bancarie, il sistema bancario tradizionale ha infatti mediamente ancora grossi problemi nella digitalizzazione.

Vi sono poi alcuni dati di fatto che è opportuno considerare. Il primo è che l’AI potrà dare il suo meglio solo a chi ha un accesso molto efficiente a tutte le basi dati, mentre oggi sono parcellizzate in sistemi diversi.

In secondo luogo è fondamentale sviluppare ed essere proprietari della propria tecnologia e così non è per quasi totalità dell’industria bancaria.

Terzo, certamente quella dell’AI è una rivoluzione che si annuncia ancora più dirompente di quelle del passato e così come non tutte le realtà tutte sono riuscite a cogliere la sfida di Internet nel 2000, è probabile che così avverrà anche per l’AI: gli investimenti richiesti sono enormi e le applicazioni concrete ancora poco chiare.

In questo contesto è di fondamentale importanza reclutare talenti e investire su chi ha le competenze per scaricare a terra il potenziale dell’AI. Con queste persone si debbono progettare nuove piattaforme e nuovi sistemi che si integrino con quelli esistenti.

L’apparente paradosso sta proprio in questo: per poter sfruttare appieno il potenziale dell’Intelligenza Artificiale, che da sola non va da nessuna parte, servono oggi più che mai persone che ne conoscano e ne gestiscano il potenziale applicandolo dove e quando serve.

Per questo il loro ruolo non andrà relegato nelle retrovie o nelle funzioni IT ma in staff alla cabina di comando della banca.

Cercasi quindi disperatamente data scientist, esperti di machine learning che lungi dall’essere relegati nelle loro torri d’avorio siano in grado di dialogare con il management, facendo da mediatori culturali tra l’Intelligenza Artificiale e quella umana.

Questa è la sfida più grossa, pochi lo hanno compreso a fondo, tra questi vi sono ancora una volta i consulenti finanziari: il 66% non teme l’AI ma chi tra i concorrenti saprà usarla meglio reclutando i migliori talenti. La caccia è dunque aperta.

Nicola Ronchetti

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