Finer https://www.finer.digital finance explorer Tue, 17 Dec 2024 15:02:33 +0000 it-IT hourly 1 IL RITORNO DEL RISPAMIO GESTITO https://www.finer.digital/il-ritorno-del-rispamio-gestito/ Tue, 17 Dec 2024 15:02:31 +0000 https://www.finer.digital/?p=5558 Bluerating | Dicembre 2024 La progressiva discesa dei tassi ha indotto tutte le banche a rimettere al centro dei propri piani industriali il risparmio gestito. Le più recenti mosse nel risiko bancario e in generale nella riorganizzazione delle fabbriche prodotto interne ai grandi gruppi bancari

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Bluerating | Dicembre 2024

La progressiva discesa dei tassi ha indotto tutte le banche a rimettere al centro dei propri piani industriali il risparmio gestito.

Le più recenti mosse nel risiko bancario e in generale nella riorganizzazione delle fabbriche prodotto interne ai grandi gruppi bancari – BNL BNP Paribas, UniCredit, Intesa Sanpaolo e Gruppo Banco BPM – non sono che l’inizio di una rivoluzione da tempo prevista.

L’obiettivo primario dei gruppi bancari torna ad essere quello di convertire la liquidità che giace sui conti correnti in risparmio gestito e questo sia a beneficio dei ritorni commissionali che della salvaguardia e crescita del patrimonio degli italiani.

Per fare questo ci sono due opzioni, puntare sulle società di gestione del risparmio interne o su quelle terze, oppure una terza che è un mix delle prime due.

Considerato che la possibilità di offrire ai propri clienti soluzioni di investimento delle principali e più blasonate SGR terze ha caratterizzato l’ultimo decennio, l’opzione più autarchica è da scartare soprattutto per i clienti più evoluti e patrimonializzati.

I clienti private, più patrimonializzati e mediamente più evoluti della media degli italiani, amano poter avere più opzioni anche esterne al perimetro della propria banca di cui la stessa si fa promotrice aumentando la sua percezione di terziarietà.

Anche i Consulenti Finanziari e i Private Banker italiani, hanno mutato atteggiamento verso le SGR terze: dopo la fase di cieco innamoramento durata oltre un decennio, oggi sembrano essere diventati più selettivi.

Dalle 15 SGR con cui i Consulenti Finanziari e i Private Banker volevano lavorare nel 2019 se ne registrano meno della metà l’anno scorso e questo anno, per la prima volta in cinque anni, il numero è ripreso timidamente a crescere.  

Certo il mercato è radicalmente cambiato rispetto a dieci anni fa, per almeno tre motivi. Il primo, tipico dei mercati maturi, è la concentrazione delle quote di mercato in capo alle maggiori SGR.

La pressione dei distributori sui margini ha innescato una competizione mai vista prima tra le SGR dove per tenere le posizioni è necessario avere dimensioni significative, puntare sulla qualità del servizio più che sul singolo prodotto, e, possibilmente, avere dei gestori fuori classe. 

Il secondo fattore è l’avvento della consulenza fee on top che ha consentito agli ETF di entrare in partita proprio nei contenitori di consulenza evoluta, grazie alla loro efficienza e ai loro costi contenuti.

Terzo, il mercato si è evoluto, i distributori cercano partner più che meri fornitori, ovverosia SGR che si mettano nei loro panni nel difficile, ma non impossibile, compito di convertire la liquidità in risparmio gestito.

Per questo oggi più che mai contano nelle SGR due cose: la qualità e la preparazione delle persone, gestori ma anche e soprattutto sales e la capacità di fornire soluzioni con una propria visione e con contenuti di qualità.

Spesso si citano gli Stati Uniti come modello ideale di consulenza finanziaria e di private banking, sorvolando sul fatto che negli USA i clienti private hanno l’ottanta per cento dei propri investimenti in azioni. 

In questo senso si affermeranno solo quelle SGR che sapranno aiutare le banche e le reti a convertire le centinaia di miliardi di Euro liquidi degli italiani in investimenti azionari con una giusta prospettiva di orizzonte temporale e rischio, magari mettendo al centro i loro progetti di vita. 

Alle altre non resta altro che fare un grosso in bocca al lupo.

Nicola Ronchetti

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LE RETI DI CONSULENZA: LA DIVERSITA’ DEI MODELLI https://www.finer.digital/le-reti-di-consulenza-la-diversita-dei-modelli/ Mon, 09 Dec 2024 10:17:32 +0000 https://www.finer.digital/?p=5552 ADVISOR | Novembre 2024 Uno dei tanti motivi di successo del modello di servizio delle reti dei consulenti finanziari in Italia è che non esiste un modello unico ma diversi modelli. Ci sono reti che appartengono a gruppi bancari a cui sono sinergicamente collegate, e

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ADVISOR | Novembre 2024

Uno dei tanti motivi di successo del modello di servizio delle reti dei consulenti finanziari in Italia è che non esiste un modello unico ma diversi modelli.

Ci sono reti che appartengono a gruppi bancari a cui sono sinergicamente collegate, e che sono in grado di offrire ai loro clienti e ai loro consulenti un insieme di prodotti e servizi che vanno ben oltre la sola consulenza finanziaria.

Ci sono reti che pur appartenendo a un gruppo bancario se ne differenziano proprio per diversificare l’offerta e puntare solo sulla consulenza finanziaria, lasciando ad altre divisioni del gruppo l’erogazione di servizi complementari.

Vi sono poi reti che appartengono a gruppi assicurativi e che affiancano all’offerta di consulenza finanziaria soluzioni che integrano le due anime della protezione e degli investimenti.

Vi sono poi reti indipendenti che hanno accordi con altre società e gruppi bancari per offrire ai propri clienti prodotti di credito e bancari.

Quello che accomuna tutte queste realtà, molto differenti tra di loro, è la centralità del consulente finanziario e la sua capacità di fare da pivot tra le diverse anime della sua mandante.

Il consulente finanziario, a prescindere dalla realtà in cui si trova, può decidere in modo autonomo se focalizzarsi solo su soluzioni di investimento e se integrarle a valle e a monte con un’offerta di credito, di protezione o di altri servizi richiesti dal cliente.

Alcune reti puntano molto sul segmento dei clienti imprenditori, servendo non solo l’individuo come persona fisica ma anche la sua azienda come persona giuridica.

In questo caso il vantaggio di fare parte di un gruppo bancario è maggiore sul lato credito, viceversa il punto di forza è supportare l’impresa senza assorbimento di capitale, focalizzandosi sulle attività a maggior valore aggiunto.

Le attività di corporate e investing banking sono infatti entrate a tutto titolo nell’alveo delle soluzioni proposte da alcune reti ai loro clienti, soprattutto piccoli e medi imprenditori, che costituiscono – con oltre quattro milioni di società – il tessuto economico del nostro Paese.

A ciò si aggiunge che le soluzioni di investimento proposte dalle reti, una volta essenzialmente circoscritte ai fondi comuni, si sono ampliate enormemente.

Pensiamo ai mercati privati, agli investimenti in start up, ai club deal, ma anche al peso crescente degli ETF e degli investimenti in titoli di stato – il cosiddetto risparmio amministrato – che trova spazio nei portafogli di consulenza.

La consulenza a parcella o evoluta consentirà di abbracciare tutto questo in un unico ambito in cui al consulente viene riconosciuta la sua capacità di fare sistema all’interno della propria mandante nell’interesse del cliente.

Tutto questo non sarebbe stato possibile se le reti dei consulenti finanziari non avessero compreso prima e meglio di altre realtà che il lavoro del professionista della gestione del risparmio va supportato con competenze interne o esterne alla società sempre maggiori e diversificate.

Tutto ciò sarà sempre più importante per intercettare e soddisfare quel segmento di investitori, upper affluent e private il cui peso relativo nelle reti è in costante crescita.

Il successo delle reti sta proprio nella capacità di adattarsi con grande rapidità ed efficienza a trovare soluzioni in grado di supportare i progetti dei loro clienti scegliendo in piena libertà su quali puntare maggiormente.

La libertà di scegliersi il proprio modello è il segreto del successo delle reti di consulenza.

Nicola Ronchetti

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BANCHE PARTE IL RISIKO SU ASSET MANAGEMENT E PROTEZIONE https://www.finer.digital/banche-parte-il-risiko-su-asset-management-e-protezione/ Tue, 26 Nov 2024 10:56:40 +0000 https://www.finer.digital/?p=5536 Investire | Novembre 2024 Il settore bancario sta vivendo una vera e propria rivoluzione, innescata da risultati eccezionali dell’ultimo biennio, a cui si aggiungono le opportunità offerte dalla normativa europea (Danish Compromise) grazie alla quale le banche possono gestire e vendere polizze assicurative senza dover

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Investire | Novembre 2024

Il settore bancario sta vivendo una vera e propria rivoluzione, innescata da risultati eccezionali dell’ultimo biennio, a cui si aggiungono le opportunità offerte dalla normativa europea (Danish Compromise) grazie alla quale le banche possono gestire e vendere polizze assicurative senza dover accantonare troppo capitale, il che le rende più competitive rispetto alle compagnie assicurative tradizionali.

BNP Paribas acquisterà per 5,1 miliardi cash AXA Investment Management, la società di gestione patrimoniale del colosso assicurativo francese che ha deciso di focalizzarsi unicamente sul core business della protezione.

Il gruppo bancario BNP Paribas, con questa mossa arriverà a gestire complessivamente 1.500 miliardi di Euro, frutto della integrazione delle masse in capo AXA IM e a BNP Paribas Asset Management, divenendo il quarto operatore a livello europeo.

l’UniCredit di Andrea Orcel in attesa di conquistare Commerzbank, consolida la propria posizione nel ramo vita con la duplice acquisizione delle quote nelle due storiche joint venture, con Allianz e CNP, riportando in casa le fabbriche prodotto legate al ramo a maggior marginalità e potenziale di crescita in cui le banche stanno giocando un ruolo da protagonista.

Con questa operazione UniCredit diventa il quarto operatore nel ramo vita in Italia con quasi 8 miliardi di premi, il terzo nella bancassurance e il primo nelle Unit Linked.

Banco BPM, tramite la controllata Banco BPM Vita, ha lanciato un’Opa volontaria finalizzata ad acquisire la totalità delle azioni ordinarie di Anima, finalizzata al delisting da Piazza Affari del più grande gruppo indipendente di asset management in Italia.

Questa operazione crea di fatto un altro campione nazionale integrato nel settore dell’assicurazione vita e del risparmio gestito, con masse complessive da assicurazione vita e risparmio gestito pari a 220 miliardi, all’interno di un totale attività finanziarie della clientela pari a 390 miliardi.

E sulla integrazione delle fabbriche il leader di mercato italiano, Intesa Sanpaolo, ne sa qualcosa, visto che ha aggregato sotto un’unica regia l’asset management (Eurizon), l’offerta di soluzioni assicurative (Intesa Sanpaolo Vita) e il private banking (Fideuram Intesa Sanpaolo Private Banking).

Sul fronte dell’asset management si attendono ulteriori mosse da parte di UniCredit che calerà presto un altro asso, la joint venture NOVA Investment Management con AZIMUT, che prevede l’acquisto della quota di controllo, la scadenza dell’accordo, nel 2027, con AMUNDI, la creazione della piattaforma Onemarkets Funds, sono chiari indizi di una strategia annunciata.

Gli altri gruppi bancari italiani, BPER e MPS sembrano solo apparentemente al palo, il primo uscito da una serie infinita di acquisizioni il secondo da una mega ristrutturazione che lo ha rimesso finalmente in pista.

Sul fronte internazionale si parla di una possibile acquisizione di Allianz Global Investors, dell’omonimo gruppo assicurativo, da parte di AMUNDI.

I tassi alti hanno consentito alle banche di vivere di rendita negli ultimi anni, ora che la festa è finita il gioco si fa duro e i duri entrano in gioco.

I banchieri più lungimiranti si sono preparati da tempo per una partita che vedrà un ulteriore concentrazione dei player alla ricerca spasmodica di margini nell’asset management, nel ramo vita e nel wealth management e al contempo un aumento degli investimenti nel banking digitale.

Non è che l’inizio di una rivoluzione che cambierà radicalmente il mercato.

Nicola Ronchetti

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LA CONSULENZA INTELLIGENTE https://www.finer.digital/la-consulenza-intelligente/ Mon, 18 Nov 2024 10:52:50 +0000 https://www.finer.digital/?p=5528 Bluerating | Novembre 2024 Da sempre abituati a operare fuori sede e senza poter contare su una filiale e una presenza fisica sul territorio i consulenti finanziari sono sempre stati i primi ad adottare ogni novità e innovazione che potesse facilitare il loro lavoro. Oggi

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Bluerating | Novembre 2024

Da sempre abituati a operare fuori sede e senza poter contare su una filiale e una presenza fisica sul territorio i consulenti finanziari sono sempre stati i primi ad adottare ogni novità e innovazione che potesse facilitare il loro lavoro.

Oggi la novità è rappresentata dall’Intelligenza Artificiale generativa e sono in molti a chiedersi come questa potrà impattare sul lavoro dei professionisti della consulenza finanziaria.

L’Intelligenza Artificiale consentirà ai consulenti finanziari di ottimizzare il proprio tempo e di dedicarlo prevalentemente alla attività a maggior valore aggiunto ovverosia la gestione dei clienti.

Se è vero che almeno il 50% del tempo dei professionisti che lavorano in banca è dedicato alle attività burocratiche e amministrative, ai consulenti finanziari le stesse attività richiedono poco meno del 30%, quindi una differenza significativa che spiega in parte la maggior proattività dei consulenti finanziari nella gestione dei clienti.

Dover investire metà o anche solo un terzo del proprio tempo in attività che distolgono l’attenzione dal cliente, è sempre meno accettabile soprattutto per le figure di front office.

l’Intelligenza Artificiale, se ben conosciuta e applicata, può produrre effetti benefici in termini di efficienza e di efficacia nella gestione delle attività di back office.

Pensiamo alle attività di gestione delle procedure ripetitive e ricorrenti, al monitoraggio delle attività di risk management e in genere a tutte le operazioni che se opportunamente classificate e ordinate possono essere sistematizzate e risolte con l’Intelligenza Artificiale.

Il vero valore aggiunto dell’Intelligenza Artificiale potrebbe essere però anche un altro. Immaginiamo di poter segmentare i consulenti finanziari in base alle loro attitudini, in attaccanti, difensori e centrocampisti.

Parimenti immaginiamo di poter segmentare i clienti di una banca in base al livello di delega, di conoscenza e interesse verso le tematiche che attengono la gestione del loro risparmio e del loro patrimonio e di classificare i clienti in quattro categorie: deleganti, controllori, protagonisti e partner.

Ognuna di queste quattro tipologie di clienti desidera potersi interfacciare con un consulente finanziario dotato di un approccio differente.

Le combinazioni tra le tipologie di clienti e di professionisti possono poi essere incrociate anche con variabili socio demografiche (genere, età, area geografica, stato civile, professione), entità del patrimonio a cui si potrebbero aggiungere i dati in possesso della banca, in termini di prodotti sottoscritti e masse gestite.

Inoltre le stesse informazioni potrebbero essere arricchite con variabili che attengono alla maggiore o minore soddisfazione dei clienti rispetto alla banca, ai suoi servizi e allo stesso gestore.

Si tratta di una mole di dati e di informazioni che necessitano non solo di essere elaborati ma che, se opportunamente impiegati, possono aumentare le probabilità di successo di qualsiasi iniziativa.

Si tratterebbe di trovare il binomio perfetto cliente-consulente, fondamentale non solo per il successo delle attività di proposizione commerciale ma anche per la riassegnazione dei clienti dormienti a singoli professionisti o a singoli componenti di team caratterizzati da attitudini differenti.

Se tutto ciò non è stato fatto fino ad oggi è anche perché mancava uno strumento in grado di trasformare la teoria in pratica, oggi questo strumento c’è e si chiama Intelligenza Artificiale. 

Nicola Ronchetti

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RECLUTAMENTO DELLE RETI, I MOTIVI CHE TRATTENGONO E QUELLI CHE SPINGONO A CAMBIARE https://www.finer.digital/reclutamento-delle-reti-i-motivi-che-trattengono-e-quelli-che-spingono-a-cambiare/ Fri, 08 Nov 2024 17:41:03 +0000 https://www.finer.digital/?p=5522 Advisor | Settembre 2024   Per garantirsi altri anni di successi, le reti dei consulenti finanziari hanno oggi più che mai la necessità di trattenere i loro migliori professionisti e al contempo di attrarne di nuovi. È quindi fondamentale comprendere quali siano le leve in

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Advisor | Settembre 2024  

Per garantirsi altri anni di successi, le reti dei consulenti finanziari hanno oggi più che mai la necessità di trattenere i loro migliori professionisti e al contempo di attrarne di nuovi.

È quindi fondamentale comprendere quali siano le leve in grado di fidelizzare chi è già CF e quelle che consentono di attrare nuovi talenti anche dalle banche tradizionali, possibilmente con un’attenzione alle donne sottorappresentate nel mondo della consulenza finanziaria. 

FINER ha condotto un’indagine che ha coinvolto un campione di consulenti finanziari e di dipendenti bancari, con un focus sui percorsi di carriera, le ambizioni personali e professionali e la propensione a cambiare lavoro.

In termini di carriera i CF sono più attratti da un progetto di crescita individuale, i dipendenti bancari dallo status aziendale e dagli aspetti retributivi; a livello di genere le donne sono più interessate alla realizzazione di un progetto in team e alla crescita formativa. 

I CF sono interessati a posizioni manageriali purché chiaramente inquadrate in un progetto sfidante, molti di loro preferiscono però seguire i clienti anziché coordinare altri colleghi.

Per i dipendenti bancari gli ostacoli alla crescita manageriale sono la scarsità di posizioni disponibili e la riduzione dell’organico.  Per le donne la possibilità di sviluppare una carriera manageriale, si scontra con una scarsa meritocrazia e una persistente discriminazione di genere.

Le poche donne manager vengono molto apprezzate dai colleghi soprattutto per la loro maggior capacità di ascolto, l’empatia la capacità di instaurare un confronto costruttivo. I migliori risultati del lavoro si registrano infatti in team dove la presenza di donne e uomini è maggiormente equilibrata.

Anche nella relazione con i clienti le donne si caratterizzano per queste doti unite a una maggior calma e a minori ansie da presentazione rispetto ai loro colleghi.

In termini di ambizioni personali e professionali: i CF si dichiarano più competitivi e ambiziosi della maggior parte dei dipendenti bancari, che alla competizione prediligono la cooperazione e l’esecuzione delle direttive aziendali essendo meno attratti dalle sfide individuali. Le donne sono mediamente più portate ad una collaborazione costruttiva ma con una sana dose di competitività individuale.

La propensione a cambiare lavoro è più elevata tra i dipendenti bancari, maggiore per gli uomini che per le donne; la soddisfazione per il proprio livello retributivo è mediamente più elevata tra i CF, più critici i dipendenti bancari e le donne.

Tra i driver al cambiamento di azienda, per i CF si rileva l’importanza della sfida professionale (nuova rete, nuovi traguardi); per i dipendenti la retribuzione, le dotazioni aziendali, il prestigio, la visibilità e la gestione dei collaboratori; per le donne sono importanti soprattutto la formazione, gli strumenti di lavoro e il welfare famigliare.

CF e dipendenti bancari hanno un differente DNA sviluppato ambienti di lavoro molto diversi per prospettive di crescita e realizzazione professionale e personale.

In sede di reclutamento e retention più che proposte omogenee è fondamentale conoscere a fondo e individualmente ogni professionista, quindi calibrare l’offerta di lavoro con le sue attitudini, capacità e obiettivi.

Solo dopo questo processo si potrà offrire a ogni singolo candidato una vera opportunità di lavoro che, con buona probabilità, verrà accettata con reciproca soddisfazione.

Alcune banche e reti lo hanno capito bene, altre decisamente meno.  

Nicola Ronchetti

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DA BANCARIO A CONSULENTE MANCA L’ESODO https://www.finer.digital/da-bancario-a-consulente-manca-lesodo/ Tue, 05 Nov 2024 17:48:29 +0000 https://www.finer.digital/?p=5516 Bluerating | Ottobre 2024 Il 34% dei bancari si dichiara disponibile a prendere in considerazione la possibilità di lavorare come consulente finanziario con un contratto di agenzia e partita iva nelle principali reti di consulenza finanziaria (fonte ricerca FINER 2024 per ASSORETI). I dipendenti bancari

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Bluerating | Ottobre 2024

Il 34% dei bancari si dichiara disponibile a prendere in considerazione la possibilità di lavorare come consulente finanziario con un contratto di agenzia e partita iva nelle principali reti di consulenza finanziaria (fonte ricerca FINER 2024 per ASSORETI).

I dipendenti bancari in Italia sono 265.000, anche considerando solo coloro che lavorano a diretto contatto con i clienti, dovremmo avere qualche migliaio di bancari in fila per entrare nelle banche reti.

Il fatto che non si registri questo esodo massiccio, nonostante le dichiarazioni di intenti, è spiegato da almeno tre fattori.

Il primo è un fattore personale: il salto da dipendente a consulente a partita iva, cioè di fatto a imprenditore di sé stesso, non è per tutti, va interiorizzato, valutato individualmente e poi – fondamentale – va incentivato e adeguatamente supportato da parte della banca rete.

Le reti hanno fatto passi da gigante negli ultimi anni in termini di capacità di attrazione dei migliori talenti, dentro e fuori dal settore della consulenza finanziaria. Tuttavia ci sono ancora ampi spazi di miglioramento.

A livello organizzativo il ruolo del reclutatore andrebbe definito con obiettivi e ruoli precisi, cosa che non sempre accade.

Servirebbero poi più ambasciatori che meri reclutatori, in grado di trasferire il valore di una professione che non è per tutti ma è certamente per molti che ancora non lo hanno compreso.

Spesso rileviamo che questo compito è affidato prevalentemente a chi, pur essendo un ottimo manager, non ha in sé tutte le doti, la sensibilità e la capacità di attrarre e offrire una reale prospettiva di crescita a un potenziale candidato.

Alcune reti lo hanno capito bene e supportano la crescita della rete coinvolgendo anche la funzione HR della banca, oltre che consulenti esterni, altre sembrano essere ancorate a logiche passate.     

Il secondo motivo è che la banca, per molti è vista ancora come un porto più sicuro di una rete, in grado di offrire una maggior sicurezza economica, minori rischi di fallire nel proprio lavoro e comunque il giusto rapporto tra qualità della vita e lavoro anche grazie a un minor sforzo richiesto nello sviluppo della clientela.

C’è poi un tema legato al welfare aziendale molto rilevante soprattutto per le donne ma non solo, la banca da questo punto di vista sembra offrire maggiore protezione e garanzie più estese, le reti su questo fronte possono ancora fare molto. Per attrarre e trattenere i migliori talenti dal mondo delle banche vanno dunque considerati anche altri aspetti meno tangibili del denaro come la formazione e la valorizzazione del lavoro in team sfatando il mito del consulente lupo solitario, che spaventa i più pavidi.

Il terzo motivo è legato al valore del brand delle banche che, mediamente e con le dovute eccezioni, beneficiano ancora di livelli di conoscenza maggiore, di una brand equity più solida e di una reputazione più rassicurante rispetto alla media delle reti.

A ciò si aggiunga che la soddisfazione dei bancari verso la propria banca, seppur ancora inferiore a quella dei consulenti, è in crescita rispetto allo scorso anno, certamente grazie ai risultati record delle banche che hanno consentito incrementi retributivi, un ritorno ad un maggior protagonismo anche a livello internazionale e un conseguente aumento della fiducia nel management.

Le difficoltà nel promuovere e valorizzare il ruolo del consulente finanziario, dimostrare il potenziale delle reti, spiegare la loro evoluzione nel tempo, supportare  e aiutare a superare le paure di chi non osa fare il salto sono ancora oggi le vere barriere all’esodo massiccio di bancari.

Nicola Ronchetti

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FINANZA COMPORTAMENTALE: SE DUE NOBEL VI SEMBRANO POCHI https://www.finer.digital/finanza-comportamentale-se-due-nobel-vi-sembrano-pochi/ Fri, 25 Oct 2024 16:49:53 +0000 https://www.finer.digital/?p=5510 Investire | Ottobre 2024 Daniel Kahneman compianto premio Nobel per l’economia nel 2002 è stato il primo psicologo a ottenere questo riconoscimento come padre della finanza comportamentale. Il suo lavoro ha messo in dubbio il concetto di razionalità alla base dei processi decisionali, ribaltando i

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Investire | Ottobre 2024

Daniel Kahneman compianto premio Nobel per l’economia nel 2002 è stato il primo psicologo a ottenere questo riconoscimento come padre della finanza comportamentale.

Il suo lavoro ha messo in dubbio il concetto di razionalità alla base dei processi decisionali, ribaltando i presupposti che avevano dominato l’economia per secoli. 

Nel 2011, Kahneman con il bestseller “Pensieri veloci e lenti” (Thinking, Fast and Slow), ha presentato una visione completa della mente governata da due sistemi, uno veloce e intuitivo, l’altro lento e più razionale.

Un altro psicologo, Richard Thaler, vincerà il premio Nobel per l’Economia nel 2017 per i suoi lavori culminati nel libro Nudge, in cui identifica le modalità con cui le storture nei processi decisionali possono essere corretti dai condizionamenti positivi indotti dal contesto.

Due premi Nobel conosciuti da tutti i professionisti della gestione del risparmio e considerati due mostri sacri, ma evidentemente non così sacri da studiarne bene gli studi e soprattutto dall’applicarne concretamente e nell’attività quotidiana i loro principi frutto di anni di studi.

Dalla ricerca che FINER ha condotto per EFPA e che ha coinvolto un campione di professionisti (consulenti finanziari, private banker e bancari) e di investitori finali è emerso come la finanza comportamentale, o meglio i suoi principi, siano conosciuti solo dal 66% dei primi e dal 17% dei secondi.

Come se non bastasse, tra chi ha dichiarato di conoscere i principi della finanza comportamentale, solo il 34% dei professionisti e il 17% degli investitori finali li applica concretamente.

I pochissimi tra i professionisti e i clienti che applicano i principi della finanza comportamentale lo fanno quasi esclusivamente (79% e 85%) come argomento di conversazione e non nelle scelte di investimento (21% e 15%).

Il paradosso è che i professionisti e i loro clienti che applicano i principi della finanza comportamentale nelle loro scelte di investimento ne riconoscono l’utilità rispettivamente nell’81% e nel 75% dei casi.

Tra i motivi della riconosciuta utilità della applicazione della finanza comportamentale per i professionisti e i loro clienti emergono la maggior consapevolezza delle scelte (81% e 76%), il miglioramento del dialogo tra consulente-cliente (69% e 71%), il superamento delle barriere a investire (42% e 59%) e la maggior serenità e tranquillità (33% e 29%).

I sei errori cognitivi più diffusi tra gli italiani sono: l’avversione alle perdite (82%), l’effetto gregge (75%), l’inerzia ovverossia prendere decisioni sulla base di schemi familiari già sperimentati (62%), l’ancoraggio, cioè il fissarsi sulle prime informazioni ricevute (51%), l’eccesso di fiducia (44%) e l’errore di attribuzione che consiste nell’ascrivere a sé stessi il merito delle scelte con esito positivo, attribuendo invece ad altri la colpa di quelle andate male (38%).

L’analisi dei sei errori cognitivi più diffusi tra gli italiani svela poi alcuni risvolti interessanti: esistono differenze significative, tra donne e uomini, tra chi possiede patrimoni di differente entità, tra differenti coorti generazionali.

Vi è dunque l’opportunità di segmentare in modo pratico e concreto gli investitori attuali e potenziali definendo per ognuno di essi la modalità di approccio più corretta e le caratteristiche del professionista per loro ideale.

Tutto ciò consentirebbe di ampliare il bacino degli investitori e la crescita della loro consapevolezza: cosa aspettiamo dunque per passare dalla teoria alla pratica?

Nicola Ronchetti

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PROTEZIONE E ASSET MANAGEMENT: LE BANCHE SERRANO I RANGHI https://www.finer.digital/protezione-e-asset-management-le-banche-serrano-i-ranghi/ Fri, 18 Oct 2024 10:32:58 +0000 https://www.finer.digital/?p=5499 Insurance Daily | Ottobre 2024 Due recenti operazioni di M&A di UniCredit e di BNP Paribas stanno mettendo in luce quello che i più attenti osservatori del mercato avevano previsto da tempo. UniCredit, in attesa di conquistare Commerzbank, consolida la propria posizione nel ramo vita

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Insurance Daily | Ottobre 2024

Due recenti operazioni di M&A di UniCredit e di BNP Paribas stanno mettendo in luce quello che i più attenti osservatori del mercato avevano previsto da tempo.

UniCredit, in attesa di conquistare Commerzbank, consolida la propria posizione nel ramo vita con la duplice acquisizione delle quote nelle due storiche joint venture, con Allianz e CNP, riportando in casa le fabbriche prodotto legate al ramo a maggior marginalità e potenziale di crescita in cui le banche stanno giocando un ruolo da protagonista.

Con questa operazione UniCredit diventa il quarto operatore nel ramo vita in Italia con quasi 8 miliardi di premi, il terzo nella bancassurance e il primo nelle Unit Linked.

La scelta che ha sorpreso i partner è stata facilitata anche dal Danish Compromise un principio contabile finalizzato ad agevolare i conglomerati finanziari composti da istituti di credito e compagnie assicurative, grazie al quale l’assorbimento di capitale risulta estremamente più favorevole di quanto non lo fosse al momento del rinnovo delle joint venture.

BNP Paribas acquista per 5,1 miliardi cash AXA Investment Management, la società di gestione patrimoniale del colosso assicurativo francese che ha deciso di focalizzarsi unicamente sul core business della protezione.

Il gruppo bancario BNP Paribas, con questa mossa arriverà a gestire complessivamente 1.500 miliardi di Euro, frutto della integrazione delle masse in capo AXA IM e a BNP Paribas Asset Management, divenendo il quarto operatore a livello europeo.

Operazione anch’essa dotata di gran senso: la gestione patrimoniale è un’attività altamente redditizia e relativamente poco onerosa, che ha quindi senso portarsi a casa mantenendo nel perimetro del gruppo patrimonio e utili.

A indurre BNP Paribas all’acquisto di AXA IM hanno anche contribuito i quasi 220 miliardi di asset alternativi di AXA IM (pari al 30% degli asset in gestione), la maggior parte dei quali è costituita da immobili e debito privato, ideali per la clientela istituzionale e High Net Worth del gruppo bancario BNP Paribas.

Rafforzare e portare in house le fabbriche prodotto, sia lato gestione del patrimonio che protezione, sarà il mantra dei prossimi anni, quando con l’abbassamento dei tassi i ricavi dipenderanno sempre di più dai proventi da commissioni di gestione e consulenza finanziaria.

C’è da aspettarsi che anche sul fronte delle società di gestione del risparmio UniCredit calerà presto un altro asso, la joint venture NOVA Investment Management con AZIMUT, che prevede l’acquisto della quota di controllo, la scadenza dell’accordo, nel 2027, con AMUNDI, la creazione della piattaforma Onemarkets Funds, sono chiari indizi di una strategia annunciata.

A rendere ancora più efficace la mossa di Andrea Orcel sul ramo vita, c’è il reclutamento di uno dei manager più capaci e stimati dal mercato, Alessandro Santoliquido, a capo del business assicurativo di UniCredit a livello paneuropeo.

Il manager si è dato due anni per consolidare UniCredit Vita, puntando sulle polizze vita miste, ovverossia non puro investimento ma con una componente assicurativa in combinazione con una gestione dinamica del portafoglio.

Anche sul fronte BNP Paribas c’è un manager che gode di stima e fiducia del mercato con una forte reputazione all’interno del gruppo francese, Alessandro Pierri, già CEO di Pioneer poi ceduta ad AMUNDI, e da tre anni CEO di BNP Paribas Asset Management.

Per realizzare queste strategie destinate a cambiare il settore della finanza e della protezione, servono dunque manager capaci e dotati di visione e pare proprio che almeno in  questo in Italia non siamo secondi a nessuno.

Nicola Ronchetti

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CONSULENTI: LA FINANZA COMPORTAMENTALE È SOTTOUTILIZZATA https://www.finer.digital/consulenti-la-finanza-comportamentale-e-sottoutilizzata/ Tue, 08 Oct 2024 13:41:28 +0000 https://www.finer.digital/?p=5476 LA RICERCA FINER PER EFPA ITALIA Il Sole 24 Ore PLUS | Ottobre 2024 La finanza comportamentale è cosa per premi Nobel, ma non per i consulenti finanziari italiani e per i loro clienti. La ricerca realizzata da Finer per il Meeting annuale di Efpa

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LA RICERCA FINER PER EFPA ITALIA

Il Sole 24 Ore PLUS | Ottobre 2024

La finanza comportamentale è cosa per premi Nobel, ma non per i consulenti finanziari italiani e per i loro clienti. La ricerca realizzata da Finer per il Meeting annuale di Efpa Italia, svoltosi nei giorni scorsi a Firenze, con il tema «WYSIATI. Finanza tra realtà e profezia», mostra infatti che solo il 17 per cento dei clienti e il 66 per cento dei professionisti dice di sapere di cosa si tratta. L’Efpa, organismo professionale preposto alla definizione di standard e alla certificazione dei Financial Advisors e dei Financial Planners, riunisce nel meeting professionisti del risparmio, operatori ed esperti dei servizi di investimento.
La sigla che dà il titolo al Meeting si riferisce all’espressione “What You See Is All There Is”, che si traduce con «tutto ciò che vedi è tutta la realtà». Espressione usata dal premio Nobel Daniel Kahneman, recentemente scomparso, che indica una scorciatoia mentale che ci porta a credere di avere un quadro di riferimento completo sulle questioni su cui decidiamo. E dunque al centro dell’incontro sono le opportunità della finanza comportamentale nel bagaglio conoscitivo di un professionista del risparmio. Nicola Ardente, vice presidente e reggente di Efpa Italia, spiega così la scelta del tema: «Siamo un ente autorevole di certificazione delle competenze dei consulenti finanziari. Abbiamo raggiunto la quota 11.500 certificazioni e questo è un traquardo importante. La finanza comportamentale è uno dei temi fondamentali del bagaglio conoscitivo del consulente. A Firenze abbiamo voluto proporre delle riflessioni per ragionare in maniera ampia rispetto agli impatti della finanza comportamentale sia nei confronti del cliente, sia degli stessi consulenti come operatori, per analizzare i limiti cognitivi che spesso inducono ad avere una visione limitata». Ruggero Bertelli, dell’Università di Siena rilancia: «Lo sguardo basso, rivolto solo a quello che si vede ora, è uno sbaglio. Occorre che i consulenti siano architetti delle scelte dei risparmiatori, spiegando che occorre parlare di investimenti più che di risparmio, che non ha senso parlare di investimenti se non si ha un orizzonte lungo, altrimenti è semplice liquidità». E Giorgio De Rita del Censis, richiamando il titolo dell’evento ricorda che profezia non è una forma della fantasia, ma guardarsi dentro per capire cosa si potrà essere.
Come è però la situazione? «La cosa impressionante che ci ha colpito di più – spiega Nicola Ronchetti, Ceo di Finer – è che nonostante di finanza comportamentale si parli da anni, pochi la conoscono e pochi, sia tra i consulenti finanziari dove abbiamo poco più del 60% che sa di cosa si tratta e addirittura meno del 20% tra gli investitori. Ma la cosa più impressionante è che quei pochi, quelli che la conoscono tra i private bank e i consulenti finanziari, la usano prevalentemente per dialogare con i clienti e non per elaborare per esempio, un portafoglio, fare una asset allocation».
La conoscenza della finanza comportamentale, per quanto riguarda gli investitori, è più diffusa nelle seguenti categorie di soggetti: uomini, boomer, residenti al Nord, istruiti, multibancarizzati, clienti di una rete, con alto patrimonio. Per i professionisti invece sono più “avanti” quelli che hanno delle certificazioni, le donne, i giovani, i residenti al Nord, quelli più istruiti e quelli con portafoglio sopra la media. Secondo lo studio di Finer, inoltre, gli errori cognitivi più diffusi (avversione alle perdite, effetto gregge, inerzia, ancoraggio, eccesso di fiducia, errori di attribuzione) evidenziano differenze significative per genere, età e patrimonio. Per esempio l’avversione alle perdite è l’elemento che registra il maggior numero di riscontri quasi per tutte le età, tranne nella generazione Z (1997-2012) in cui l’effetto gregge supera l’avversione alle perdite e nei millennials (1980-1996) in cui i due valori sono molto vicini. L’eccesso di fiducia non è ai primissimi posti (ma potrebbe essere pure questo un effetto di un eccesso di fiducia, ndr). Passando alla distribuzione di questi bias per consistenza del patrimonio, risulta che il settore mass market è più “deviato” dall’effetto gregge che dall’avversione alle perdite, situazione che si inverte nel caso degli affluent e dei “private-Hnwi”, che effettivamente hanno più da perdere. Queste differenze, secondo Finer, offrono l’opportunità di segmentare in modo pratico e concreto gli investitori attuali e potenziali. E aggiunge Ronchetti: «E questo ha un potenziale enorme anche nella capacità di convertire l’enorme patrimonio liquido che gli italiani hanno ancora e che non investono per la paura di approcciare asset fuori da quelli tradizionali, ovvero l’immobiliare e i titoli di debito pubblico».

Antonio Criscione

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CONSULENZA FINANZIARIA QUANDO IL DENARO NON È TUTTO https://www.finer.digital/consulenza-finanziaria-quando-il-denaro-non-e-tutto/ Mon, 30 Sep 2024 15:28:07 +0000 https://www.finer.digital/?p=5469 Investire | Settembre 2024 Il settore della consulenza finanziaria cresce ogni anno a ritmi impressionanti, sia in assoluto che rispetto ad altri settori limitrofi che mostrano trend di crescita decisamente più asfittici. Considerando le attuali quote di mercato conquistate dai consulenti finanziari – oggi pari

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Investire | Settembre 2024

Il settore della consulenza finanziaria cresce ogni anno a ritmi impressionanti, sia in assoluto che rispetto ad altri settori limitrofi che mostrano trend di crescita decisamente più asfittici.

Considerando le attuali quote di mercato conquistate dai consulenti finanziari – oggi pari al 20% del totale investitori e al 40% di quelli private – vi sono ampie prospettive di crescita e vi è spazio per almeno altri 7.000 professionisti.   

Eppure le reti faticano ad attrarre nuovi talenti provenienti dal settore bancario o da altri settori e, in assenza di alternative, per crescere sono costrette a reclutare professionisti da altre reti in un gioco che – per il settore – è a somma zero.

Passare da dipendente a consulente finanziario consentirebbe di aumentare da cinque a dieci volte la propria retribuzione annuale lorda che nel migliore dei casi oscilla tra i cinquantamila e i settantamila Euro.

Per reclutare un consulente finanziario da una rete concorrente, ci sono realtà disposte a mettere sul piatto un incentivo che a volte supera il 4% delle masse gestite dal singolo professionista, il che significa un incentivo al cambio di rete quantificabile in milioni di Euro.   

Se l’aspetto retributivo è dunque condizione necessaria ma non sufficiente per attrarre nuovi talenti, cosa altro serve per indurre un dipendente bancario a diventare un consulente finanziario o a chi lo è già a scegliere un’altra rete?

Per rispondere a questa domanda ci sono alcune evidenze empiriche emerse sia dalla ricerca FINER fatta per ASSORETI e presentata ad aprile al Salone del Risparmio 2024, che dai più recenti monitoraggi continuativi condotti da FINER.

Per gli oltre cinquemila professionisti intervistati – selezionati tra i consulenti finanziari, i private banker e i gestori bancari delle principali banche e reti – emerge in modo inequivocabile la rilevanza dell’immagine e della reputazione della banca o della rete nel valutare un possibile cambio di casacca.

Queste evidenze empiriche sono ulteriormente confermate incrociando i dati dei reclutamenti comunicati dalle reti – numero di professionisti in entrata – con quelli che quantificano il valore dell’immagine delle stesse monitorate da FINER.

Dall’analisi emerge una correlazione statistica diretta: le prime reti per numero di consulenti reclutati negli ultimi dodici mesi, corrispondono quasi esattamente – anche nella posizione in classifica – alle prime reti che godono di un’immagine e di una reputazione superiore alla media.

A ciò si aggiunga che l’immagine e la reputazione delle banche e delle reti percepite da chi in esse vi lavora, unitamente alla loro soddisfazione, sono un potente propellente in grado di aumentare la cosiddetta retention, ovverossia la capacità di trattenere e fidelizzare i consulenti della propria banca.

Inoltre quello che vale per i clienti vale anche per i consulenti: acquisire un nuovo consulente costa mediamente cinque volte di più che trattenerne e fidelizzarne uno che già lavora in banca.

Sembrerebbe una cosa semplice, ma non lo è: per costruirsi una buona immagine e una solida reputazione – interna ed esterna – ci vogliono anni di impegno, mentre basta un attimo per distruggerla.

Quasi tutte le reti e le banche hanno ben chiara l’importanza della loro immagine sia per i clienti che per chi in esse vi lavora, alcune partono con una solida rendita di posizione, altre più giovani se la sono costruita in tempi più recenti.

Per tutte vale lo stesso principio: per fare proseliti – sia tra i clienti che tra i professionisti – più del denaro poté l’immagine.

Nicola Ronchetti

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