Insurance connect | Settembre 2020
È ormai una prassi comune e, non da oggi, quella di dileggiare gli italiani accusandoli di scarsa o nulla cultura finanziaria e assicurativa. Certo i numeri sono impietosi, 795 miliardi di Euro depositati su conti correnti infruttiferi, meno di un italiano su dieci ha assicurato il suo bene più prezioso (la casa), potremmo continuare con centinaia di altri dati ma ci fermiamo qui. Riteniamo che il compito di un finance think tank sia anche quello di superare i luoghi comuni.
Come nel caso della gestione del proprio denaro, anche nel caso della protezione, una buona fetta di responsabilità andrebbe attribuita all’offerta. Il mercato assicurativo come quello dei prodotti di investimento è infatti guidato dall’offerta, che sembra oggi ridestata da un lungo sonno un po’ come la bella addormentata nel bosco.
Il risveglio è stato un po’ brusco, ed è stato causato innanzitutto dal crollo dei tassi che ha ridotto i margini di banche e reti di consulenti finanziari costringendo a cercare nuove fonti di reddito nel mercato assicurativo che ha ancora enormi potenzialità di crescita. Un’ulteriore sveglia l’ha data poi la pandemia.
Se seguiamo questa tesi, diventa allora fondamentale – oggi più che in passato – per le compagnie di assicurazione, per gli agenti, al pari di banche e consulenti finanziari, comprendere a fondo i meccanismi mentali che guidano i comportamenti individuali.
Ecco allora che alcuni principi di finanza comportamentale, molto studiati nelle loro applicazioni pratiche dai finance think tank, e che da tempo sono applicati al mondo della consulenza finanziaria, potrebbero essere di aiuto anche ad agenti e compagnie di assicurazione.
La finanza comportamentale capitalizza gli studi di economia, finanza e psicologia. Uno dei precursori della materia fu nel ‘700 l’economista e filosofo scozzese Adam Smith, ma il suo sviluppo e riconoscimento scientifico avviene negli ultimi decenni come testimoniato – tra gli altri – dal premio Nobel per l’Economia assegnato a Richard Thaler nel 2017 per i suoi studi sul comportamento degli investitori. Come ben sanno i ricercatori dei più importanti finance think tank.
L’obiettivo di questa branca dell’economia è comprendere i comportamenti dei mercati finanziari in relazione agli schemi di comportamento della società e del singolo individuo, partendo dalla tesi che le persone non sono completamente razionali e i mercati non sempre efficienti. Compito del nostro finance think tank è quello di traslare i principi della finanza comportamentale nella vita di tutti i giorni, considerando anche il tema centrale: quello della protezione.
La finanza comportamentale si può riassumere in 5 punti:
1) alcune emozioni (avidità, paura, insicurezza) incidono sulle scelte degli individui inducendoli a comportamenti irrazionali;
2) le scelte sono influenzate da chi e come propone soluzioni;
3) si incorre spesso in errori cognitivi, la mente ragiona in modo razionale ma si illude di avere il controllo su fenomeni in realtà incontrollabili;
4) l’avversione alle perdite è così forte che una perdita pesa 2,5 volte di più di un guadagno della stessa entità
5) capita che i mercati si muovano in modo irrazionale e inefficiente a causa di anomalie e errori nelle valutazioni e nei processi.
Da finance think tank quale vogliamo essere, proviamo ad applicare gli stessi principi al comparto assicurativo: 1) l’insicurezza sul futuro induce i più a tenere i soldi sotto il materasso anziché coprirsi dai rischi; 2) la proattività e la capacità di comunicare di compagnie e agenti sono fondamentali; 3) quanto a errori cognitivi è diffusa l’illusione che certi sinistri capitino solo ad altri; 4) la sottoscrizione di una polizza è vista come una “perdita” e non come un investimento; 5) quanto alle inefficienze del mercato, basti pensare a come la recente pandemia abbia trovato tutti impreparati.
La partita che compagnie assicurative, agenti, banche e reti di consulenti sono chiamate a giocare in campo assicurativo, passa attraverso alcune nodi da sciogliere. Il primo nodo è la capacità del buon assicuratore di anticipare i bisogni inespressi dei clienti, fungendo da maieuta e lavorando sulla consapevolezza dei rischi e sulla capacità di sensibilizzazione. Questo è quanto emerge dal nostro finance think tank
Il secondo nodo da sciogliere è legato alla intangibilità del servizio assicurativo. In campo finanziario i prodotti a cedola, dai bot ai più recenti fondi di investimenti cosiddetti “income” hanno successo in quanto il rendimento viene incassato regolarmente e quindi è tangibile. In campo assicurativo la continuità e la tangibilità dei vantaggi di una copertura assicurativa è tanto maggiore quanto più il rischio è ricorrente (pensiamo alla diagnostica medica, ai danni da eventi climatici o all’assistenza auto), la copertura adeguata e quindi la compagnia dotata al contempo di capacità commerciali e attuariali.
Il terzo nodo è legato alla progettualità: ogni individuo, ogni famiglia ha i propri progetti, saperli individuare contribuendo al loro raggiungimento, proteggendoli da eventi naturali avversi (dalla perdita di lavoro temporanea alla caduta di un albero) fa la differenza tra un buono e un pessimo assicuratore.
L’ultimo nodo da sciogliere riguarda la chiarezza e la semplicità della comunicazione. Per concludere felicemente un percorso che parte dalla capacità maieutica di ascolto del cliente e arriva alla proposizione di una soluzione e alla sua accettazione, è necessaria la buona fede e la trasparenza di entrambi gli attori: assicurato e assicuratore.
Come in tutte le storie di successo anche nel settore assicurativo la differenza tra chi scomparirà dal mercato e chi continuerà a crescere la farà proprio la capacità di adottare una logica win-win, dove non ci siano controparti ma partner.
Compito del nostro finance think tank sarà quello di individuare i casi di successo per segnalare le best practice da seguire e le motivazioni sottostanti la loro forza.
Nicola Ronchetti
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