e la sindrome da eterni Peter pan
Ha iniziato Intesa Sanpaolo apponendo sulle vetrine delle filiali la scritta Banca Assicurazione e ora non si contano più le banche che hanno seguito a ruota il suo esempio. Si tratta di un passo decisivo che sancisce una storia iniziata tanto tempo fa con il progetto Bancassurance che ha riguardato la maggior parte delle banche.
Sul ramo vita le banche hanno da tempo conquistato una posizione di leadership, la novità è l’ingresso nel ramo danni, dove la maggior parte delle reti di agenti assicurativi, che hanno sfruttato per anni le enormi rendite di posizione relative alla RC Auto, paiono meno reattive di come forse sarebbe auspicabile.
Gli italiani, si sa, sono un popolo cronicamente sotto assicurato e ultimamente anche poco incline agli investimenti. Nel 2001 aveva investito il proprio risparmio un italiano su due oggi solo uno su quattro.
Gli italiani mostrano una forte predisposizione al possesso di beni immobili e liquidità, nonostante l’elevato costo e la ridotta redditivitàe un patrimonio immobiliare che si è svalutato mediamente del 40% negli ultimi dieci anni. Le due passioni degli italiani – mattoni e cash – tradiscono forse le nostre origini contadine e confermano che siamo un popolo molto concentrato sul presente, carpe diem il nostro mantra.
Soffriamo infatti della sindrome di Peter Pan: amiamo vivere un’eterna fanciullezza, rifiutandoci di crescere, di assumerci responsabilità e di fare delle scelte per chi verrà dopo di noi.
E quando si perde l’autosufficienza cosa facciamo? Spendiamo ogni anno 15 miliardi di Euro, di cui 9 miliardi annui per l’assunzione di badanti e 5 miliardi per il pagamento di rette di degenza in strutture di ricovero, senza aver preso in considerazione – al momento giusto – una polizza Long Term Care contro il rischio di perdita dell’autosufficienza.
Vi è poi un altro paradosso: nonostante tre italiani su quattro (75%) abbiano una casa di proprietà, questa viene coperta da una polizza assicurativa soltanto nel 25% dei casi. Non parliamo poi di infortuni, assicurazioni vita, RC famiglia e spese mediche. L’Italia è il 4° paese, secondo l’Ocse, per longevità con un’aspettativa media di vita alla nascita di 85 anni. Rischiamo quindi di sopravvivere ai nostri risparmi, rimanendo scoperti di fronte alle eventualità che statisticamente possono capitare.
Certo in parte questo dipende anche dalla mancata fiducia nei confronti del comparto assicurativo, ma non solo. Basti pensare che anche se “del doman non vi è certezza” in Italia, soltanto il 20% degli individui pensa alla successione, contro il 50% degli europei. E, di questi, solo il 5% ha affrontato praticamente il tema.
È indubbio che quando parliamo di protezione e investimenti si tratta di mercati guidati dall’offerta.
Il settore bancario, finanziario e assicurativo dovrebbero dunque interagire maggiormente per sensibilizzare i propri potenziali clienti a proteggersi dalle incognite del futuro e soprattutto a occuparsi di pianificare la propria successione. Se gli italiani sono più bravi a risparmiare che a investire, in parte la responsabilità è di un’offerta che fino ad oggi si è focalizzata ancora troppo sulla vendita del prodotto e non sulla proposta di soluzioni per i progetti di vita dei propri clienti.
I consulenti finanziari hanno tutte le caratteristiche (vicinanza e continuità del rapporto con il cliente e la sua famiglia) per colmare questo vuoto. Il passaggio – già in atto – del 65% della ricchezza da una generazione a quella successiva è un’opportunità da non lasciarsi sfuggire soprattutto per il bene del Paese.
Ben vengano le banche, dunque, che spinte dalla ricerca di margini perduti su altri fronti, affiancano le Compagnie Assicurative e gli Agenti nella proposizione commerciale di polizze assicurative anche nel ramo danni e infortuni oltre che nel ramo vita, da sempre territorio di conquista.
Protezione, pianificazione e personalizzazione sono tre concetti su cui si giocherà sempre più il futuro di molte banche e reti di consulenti finanziari.
Nicola Ronchetti