Bluerating | Dicembre 2024
La progressiva discesa dei tassi ha indotto tutte le banche a rimettere al centro dei propri piani industriali il risparmio gestito.
Le più recenti mosse nel risiko bancario e in generale nella riorganizzazione delle fabbriche prodotto interne ai grandi gruppi bancari – BNL BNP Paribas, UniCredit, Intesa Sanpaolo e Gruppo Banco BPM – non sono che l’inizio di una rivoluzione da tempo prevista.
L’obiettivo primario dei gruppi bancari torna ad essere quello di convertire la liquidità che giace sui conti correnti in risparmio gestito e questo sia a beneficio dei ritorni commissionali che della salvaguardia e crescita del patrimonio degli italiani.
Per fare questo ci sono due opzioni, puntare sulle società di gestione del risparmio interne o su quelle terze, oppure una terza che è un mix delle prime due.
Considerato che la possibilità di offrire ai propri clienti soluzioni di investimento delle principali e più blasonate SGR terze ha caratterizzato l’ultimo decennio, l’opzione più autarchica è da scartare soprattutto per i clienti più evoluti e patrimonializzati.
I clienti private, più patrimonializzati e mediamente più evoluti della media degli italiani, amano poter avere più opzioni anche esterne al perimetro della propria banca di cui la stessa si fa promotrice aumentando la sua percezione di terziarietà.
Anche i Consulenti Finanziari e i Private Banker italiani, hanno mutato atteggiamento verso le SGR terze: dopo la fase di cieco innamoramento durata oltre un decennio, oggi sembrano essere diventati più selettivi.
Dalle 15 SGR con cui i Consulenti Finanziari e i Private Banker volevano lavorare nel 2019 se ne registrano meno della metà l’anno scorso e questo anno, per la prima volta in cinque anni, il numero è ripreso timidamente a crescere.
Certo il mercato è radicalmente cambiato rispetto a dieci anni fa, per almeno tre motivi. Il primo, tipico dei mercati maturi, è la concentrazione delle quote di mercato in capo alle maggiori SGR.
La pressione dei distributori sui margini ha innescato una competizione mai vista prima tra le SGR dove per tenere le posizioni è necessario avere dimensioni significative, puntare sulla qualità del servizio più che sul singolo prodotto, e, possibilmente, avere dei gestori fuori classe.
Il secondo fattore è l’avvento della consulenza fee on top che ha consentito agli ETF di entrare in partita proprio nei contenitori di consulenza evoluta, grazie alla loro efficienza e ai loro costi contenuti.
Terzo, il mercato si è evoluto, i distributori cercano partner più che meri fornitori, ovverosia SGR che si mettano nei loro panni nel difficile, ma non impossibile, compito di convertire la liquidità in risparmio gestito.
Per questo oggi più che mai contano nelle SGR due cose: la qualità e la preparazione delle persone, gestori ma anche e soprattutto sales e la capacità di fornire soluzioni con una propria visione e con contenuti di qualità.
Spesso si citano gli Stati Uniti come modello ideale di consulenza finanziaria e di private banking, sorvolando sul fatto che negli USA i clienti private hanno l’ottanta per cento dei propri investimenti in azioni.
In questo senso si affermeranno solo quelle SGR che sapranno aiutare le banche e le reti a convertire le centinaia di miliardi di Euro liquidi degli italiani in investimenti azionari con una giusta prospettiva di orizzonte temporale e rischio, magari mettendo al centro i loro progetti di vita.
Alle altre non resta altro che fare un grosso in bocca al lupo.
Nicola Ronchetti