Advisor | Gennaio 2021
Uno sviluppo importante quello del mondo della consulenza finanziaria in Italia, testimoniato da una crescita nell’ultimo decennio (2008-2019) passata dall’8% al 14% delle attività finanziarie complessive e dal 20% al 25% del risparmio gestito.
Oltre 23.000 professionisti attivi a cui fanno riferimento circa 4,6 milioni di clienti.
Sforzi encomiabili da parte di professionisti che interpretano il loro lavoro con serietà e motivazione, ma – duole constatarlo – si tratta pur sempre di una élite.
Il vero quesito è chi segue gli altri 20 milioni di clienti a cui fanno capo ad oggi 1.700 miliardi che giacciono sui conti correnti in attesa di un buon consiglio, ma prima ancora di un segnale di interesse.
Come aiutare le banche e al loro interno i migliori professionisti a replicare su larga scala il modello vincente della consulenza finanziaria?
La pandemia ha accelerato alcuni trend in atto da tempo rendendoli irreversibili: minor utilizzo del contante, maggiori transazioni on line e ulteriore riduzione delle visite in filiale.
La capacità di gestire un cliente a distanza per l’operatività standard è alla base del successo delle reti, le banche hanno l’occasione unica di fare di necessità virtù. Chiuderanno molte filiali, altrettante si ridurranno, quello che conta oggi è chi resterà a presidio delle filiali e con quale funzione.
Quando un cliente desidera o ha necessità di acquistare un bene o un servizio ha di fronte due possibilità: recarsi in un punto vendita fisico o acquistare on line.
La spinta verso il punto vendita fisico è spesso legata al valore dell’oggetto, alla complessità del servizio, alla ricerca di un consiglio, al desiderio di provare un’esperienza che accresca anche e soprattutto dal punto di vista individuale.
On line si può comprare di tutto e di più ma quando si desidera acquistare un orologio, un gioiello, un’auto nella maggior parte dei casi si cerca un contatto umano.
Quando si varca la soglia di un negozio si aprono due scenari, il primo è quello più auspicabile: il cliente viene accolto da personale competente e cortese che lo fa sentire a proprio agio, suggerimenti e indicazioni sull’acquisto non vengono lesinati.
Nove volte su dieci il cliente esce soddisfatto e ha acquistato quello che cercava.
Il secondo scenario, quello meno auspicabile, ma non necessariamente meno frequente, è quello in cui il cliente entra nel negozio, non viene accolto da nessuno, solo dopo lunga attesa trova un commesso non particolarmente cortese e preparato, che lo tratta con sufficienza.
Immaginiamo che quel negozio sia una filiale bancaria, e che il cliente sia un affluent o un private, nel secondo scenario, costui uscirà insoddisfatto, ma a essere sconfitto non sarà lui ma la banca e chi in essa vi lavora.
Parafrasando Sam Walton, fondatore della più grande rete al dettaglio del mondo, si potrebbe sostenere che per un cliente insoddisfatto è divertente guardare i milioni spesi ogni anno in campagne pubblicitarie per portare i clienti nei punti vendita e così pochi nel formare chi in essi li accoglie.
C’è solo un capo: il cliente, può licenziare tutte le persone dell’azienda, dal CEO al cassiere, semplicemente portando i suoi soldi altrove.
La cultura del cliente parte dalla centralità dell’uomo nel modello di servizio e quindi dalla formazione dei professionisti. Le reti ne hanno fatto un mantra, le più importanti banche lo hanno capito, alle altre non resta che fare tanti auguri.
Nicola Ronchetti