Investire | Maggio 2022
Che investire in fondi ESG sia politicamente corretto non lo mette in dubbio nessuno, ma come tutti i mega trend, anche quello degli investimenti sostenibili, perdendo il cosiddetto effetto novità rischia di perdere un po’ di smalto.
Partiamo da quello che a detta di molti dovrebbe essere un assunto: gli investimenti ESG non rappresentano un asset class, viceversa tutte le asset class dovrebbero essere ESG.
Ma anche tra gli investimenti ESG ci sono diverse intensità, la famosa SFDR individua infatti i fondi articolo 9 e i fondi articolo 8.
Nel 2021 è aumentato in misura vertiginosa il numero di strategie classificate come ESG (articolo 8 e 9) per effetto dell’entrata in vigore del regolamento SFDR, ma l’accelerazione alimenta anche dei timori di possibile greenwashing
Dal 10 marzo 2021, giorno dell’introduzione del regolamento sull’informativa sulla sostenibilità nei servizi finanziari, è infatti letteralmente esploso il numero di fondi tradizionali che hanno assunto una veste ESG: oltre 500 strategie di investimento sono state riproposte o hanno cambiato nome per essere classificate sotto l’articolo 8 o 9 della normativa, che identificano gli investimenti sostenibili.
Giova ricordare che l’articolo 9 indica fondi completamente focalizzati su obiettivi sostenibili, mentre l’articolo 8 identifica quelli che promuovono, tra le altre, caratteristiche di sostenibilità ambientale o sociale, o una combinazione tra le due.
Il numero di fondi ESG è più del doppio rispetto a quello del 2020 e rappresenta metà della nuova offerta, ma è destinato ad aumentare ancora perché quasi tutte le SGR stanno lavorando all’aggiornamento dei prospetti per poter classificare i fondi come sostenibili.
L’aumento dell’offerta dovrebbe incrementare in modo sostanziale anche la domanda: in base alla revisione della direttiva Mifid II, infatti, da agosto verrà chiesto ai consulenti finanziari di prendere in considerazione le preferenze dei clienti anche in tema di sostenibilità, e si prevede quindi che un maggior numero di risparmiatori si orienteranno su prodotti ESG.
Alla fine del 2021 il patrimonio dei fondi classificati come articolo 8 e articolo 9 era superiore ai 4mila miliardi di euro, pari al 42,4% dell’intero universo europeo, oggi stiamo per raggiungere il 50% degli asset complessivi.
Certamente questo è un ottimo segnale, anche se un’accelerazione così improvvisa impone una certa cautela. Il rischio non è solo il greenwashing, ma anche che questa proliferazione improvvisa possa creare confusione.
Basti pensare che esiste ancora un 34% di investitori finali che pensa che i fondi ESG rendano in termini di performance meno di quelli cosiddetti “normali”.
Come sempre accade nei momenti di incertezza, con lo scoppio della guerra in Ucraina gli investitori tendono a focalizzarsi sui beni rifugio come l’oro o i titoli governativi a lunga scadenza con il rischio che gli investimenti ESG vengano considerati una moda o addirittura un lusso di questi tempi.
Se prendiamo gli indici azionari MSCI Europa, Emergenti e USA e li confrontiamo con gli indici corrispondenti MSCI ESG Leaders delle stesse regioni a 1, 2, 3 e 5 anni scopriamo che i fondi che investono in società con una politica ESG hanno sovraperformato gli indici di riferimento.
Perché invece che riempire le pagine di pubblicità di immagini tutte simili, dove a predominare è il colore verde, non comunicare questi dati a chiare lettere?
Nicola Ronchetti