Advisor | Febbraio 2025
L’Italia è un paese bellissimo, si vive mediamente più a lungo e siamo circondati da meraviglie: nel nostro Paese è concentrato il 75% di tutti i beni artistici esistenti sul globo terrestre.
Come è noto, siamo anche un popolo di risparmiatori – la ricchezza finanziaria delle famiglie è superiore ai 5.200 miliardi di Euro – ma pessimi gestori de nostro risparmio: teniamo in liquidità sui conti correnti oltre 1.570 miliardi di Euro.
Andando avanti di questo passo la ricchezza pro-capite degli italiani si assottiglierà sempre più, infatti francesi e tedeschi ci hanno superato per ricchezza pro-capite, nonostante partissero, soprattutto nel caso della Germania, in significativo svantaggio.
E questo grazie al fatto che i nostri cugini d’oltralpe gestiscono in modo più oculato i loro risparmi.
Le cause sono note, noi italiani siamo un popolo innamorato del mattone e dei titoli di stato, ma osservando il mondo della consulenza finanziaria – il caso più virtuoso nel panorama finanziario italiano – scopriamo che al centro della scelta di investire ci sono le persone.
L’evidenza dei numeri non è da sola sufficiente: se trenta anni una famiglia italiana avesse investito (ad esempio 100.000 Euro) nel mercato azionario globale, oggi avrebbe più che decuplicato il suo investimento (oltre 1.170.000 Euro).
Servono persone (professionisti della gestione del risparmio) che lo spieghino ad altre persone (risparmiatori), serve ascoltare e parlare, ed è quanto mai necessario, come in qualsiasi interazione umana, la comprensione e l’empatia.
Stupisce che questi principi tanto banali non trovino applicazione nella realtà dei fatti.
Eppure la ricetta è semplice, basterebbe segmentare i clienti oltre che per le variabili oggettive (sociodemografiche e patrimoniali) per quelle soggettive e comportamentali, legate alle loro attitudini rispetto alla gestione del denaro, ai progetti e, soprattutto, alla tipologia di interlocutore meglio in grado di aiutarli in questo percorso.
Le evidenze empiriche frutto delle ricerche di FINER ci confermano che con poche domande in grado mappare ogni individuo su due dimensioni quali il livello di autonomia/delega e la maggiore o minore fiducia in sé stessi (self confidence) nella gestione del proprio risparmio, siamo in grado di individuare differenti tipologie di clienti.
D’altro lato sarebbe ugualmente utile segmentare i professionisti (consulenti finanziari, private banker e gestori bancari) per il loro stile di lavoro in base ad esempio al livello di proattività rispetto ai clienti e di autonomia rispetto alla banca.
Incrociando le due analisi si stabilirebbero delle coppie perfette, dove ad esempio a un professionista più proattivo si assocerebbe un cliente più dormiente e viceversa a un cliente più protagonista un professionista più incline a giocare un ruolo di supporto.
Per convertire la liquidità degli italiani in risparmio gestito occorre prima di tutto che l’offerta – soprattutto bancaria – si desti e alzi il telefono: pensiamo che ben il 77% dei clienti con una giacenza media di duecentomila Euro in liquidità sul conto corrente non sente il proprio gestore bancario da oltre un anno.
E poi serve che d’altro capo del telefono ci sia una persona che entri in empatia con il potenziale investitore, e non è solo questione di chimica, si chiamano affinità elettive e sono misurabili se solo lo si volesse.
Per parafrasare una storica pubblicità di una nota compagnia telefonica, potremmo dire che a volte una telefonata può salvare, oltre che la vita, il risparmio degli italiani.
Nicola Ronchetti