“2004-2024 VENT’ANNI DI RISPARMIO GESTITO”

Advisor | Gennaio 2024 

Nel 2004 il patrimonio l’industria italiana del risparmio gestito era di 955 miliardi di Euro, venti anni dopo è cresciuto di due volte e mezzo arrivando a superare i 2.300 miliardi di Euro.

L’anno che si è appena concluso per molti è stato il peggiore di sempre con una raccolta netta negativa per oltre 40 miliardi (- 1,7% su AUM), nulla rispetto al 2008: la raccolta fu negativa per oltre 200 miliardi (- 24% su AUM di 840).

I consulenti finanziari hanno avuto un ruolo fondamentale in questa crescita resiliente: nel 1994 le reti introdussero un’ampia selezione di prodotti di terzi che garantiva per la prima volta in Italia un’offerta ad architettura aperta. 

Da quel momento nulla è stato più come prima: l’enorme massa di risparmio degli italiani ha attratto nel nostro Paese decine di SGR internazionali. Ai CF non sembrava vero di avere un’offerta così ampia e diversificata, rispetto ai bancari che offrivano solo prodotti “di casa” e obbligazioni strutturate della banca.

Poi come capita quando ci si appassiona a qualcosa, si è passati dall’entusiasmo all’euforia: 3 le SGR mediamente in portafoglio nel 2004, oltre 20 nel 2023. 

Considerato che ogni SGR offre in media 25 fondi, ogni CF dovrebbe conoscere almeno 500 prodotti, che sappia differenziarli ed adattarli all’orizzonte temporale e al profilo di rischio dei loro clienti. 

Dopo la stagione dell’architettura aperta è arrivata la stagione dell’architettura guidata, sia perché la complessità del mercato lo richiedeva sia per consentire ai CF di focalizzarsi sulla relazione con il cliente.

Da questo momento aumenta il peso dei “gate keeper” o fund selector all’interno della distribuzione che avranno sempre più un ruolo determinante nella selezione e nella scelta delle SGR con cui lavorare. 

L’arrivo della MIFID 2, la contrazione dei margini e l’attenzione ai costi hanno riproposto l’antico dilemma: “make or buy?”.

Alcuni dei distributori più importanti hanno puntato più che in passato sul “make” che tradotto significa maggior peso alle SGR di casa e gestioni in delega a SGR terze. 

Il modello che ha retto negli ultimi venti anni basato sul collocamento diretto di prodotti sta cedendo terreno a due modelli alternativi.

Il primo è il modello basato su contenitori, “wrapper” composti da gestioni patrimoniali e unit link, combina gestione del portafoglio, protezione e ottimizzazione fiscale.

Il secondo è quello della consulenza a pagamento definito di “advisory” con molteplici ingredienti, fondi attivi, ETF, singoli titoli, investimenti in mercati privati e anche titoli di stato.

La differenza fondamentale in entrambi i casi è il passaggio dalla consulenza di prodotto a quella di portafoglio, evitando il rischio di concentrazioni in specifiche asset class, in alcuni settori e in pochi temi di investimento.

Il mantra della diversificazione guida il cambiamento in atto e segue in modo più o meno pedissequo, quello che peraltro sta succedendo nel Regno Unito e negli Stati Uniti.

Il modello basato sulla consulenza di prodotto pesa oggi il 70% e quello basato sulla consulenza di portafoglio per il restante 30%: ma nel giro di qualche anno i rapporti si invertiranno.

A testimonianza che il percorso è tracciato e che a meno di stravolgimenti si vada nella direzione di un modello “fee-based” vi è la soddisfazione di tutti gli stakeholder: investitori finali, consulenti, banker, banche, mandanti e società di gestione del risparmio.   

Analizzando la soddisfazione dei consueti finanziari e dei private banker emerge come sul fronte della consulenza evoluta e delle soluzioni di gestione del risparmio, le reti più fortemente sbilanciate sui modelli “wrapper” e “advisory” primeggino su quelle prevalentemente orientate al collocamento di prodotti con retrocessione.

Nicola Ronchetti