ADVISOR | Ottobre 2021
La competizione si sa è molto eccitante e amata da chi, come i consulenti finanziari, sono dovuti passare dalle fiamme senza bruciarsi, prima dileggiati e ora osannati come il modello di servizio vincente.
Un po’ battitori liberi, un po’ gladiatori, la figura del consulente finanziario dal suo esordio nei primi anni ’70 si è sempre contrapposta al modello bancario.
A oltre 50 anni dal suo battesimo la figura del CF italiano è diventata però oggi più ecumenica, meno tagliente, ha ottenuto un meritato riconoscimento e una maturazione non solo anagrafica: la maggior parte dei CF ha raggiunto un benessere e una serenità frutto di anni di battaglie sul campo.
Val dunque ancora la pena parlare di reti contro banche? A prescindere dal fatto che la maggior parte delle reti appartiene a un gruppo bancario o assicurativo, in realtà forse sarebbe più corretto parlare di coopetizione più che di competizione.
Sono molti i segnali che testimoniano il cosiddetto teorema delle convergenze parallele, innanzitutto le banche oggi sembrano puntare meno all’attività tradizionale legata al credito e ai prestiti e più all’offerta di prodotti di risparmio gestito e assicurativi.
E questo non solo perché l’attività di lending è a forte assorbimento di capitale e a elevato rischio, pensiamo alla massa di Non Performing Loan che ha minato alle fondamenta più di un gruppo bancario.
La vera sfida è affrontare le praterie inesplorate del risparmio degli italiani – solo il 25% dei risparmiatori investe i propri risparmi – e risolvere, una volta per tutte il fenomeno della sotto assicurazione, solo il 10% degli italiani è adeguatamente assicurato.
Non è un caso che la più grande banca italiana, Intesa Sanpaolo, abbia puntato a due obiettivi fondamentali: diventare la prima compagnia assicurativa italiana nel ramo danni non auto, puntando su un modello unificato wealth & protection.
Intesa Sanpaolo Assicura, Eurizon Capital, Fideuram Intesa Sanpaolo Private Banking con le tre reti di CF (Fideuram, San Paolo Invest e IW Bank) stanno avanzando in modo deciso unitamente alla Banca dei Territori guidata da Stefano Barrese, forte di 50.000 dipendenti, 13,5 milioni di clienti, 800 miliardi di euro tra impieghi e raccolta.
L’efficientamento dei processi interni, la capacità di personalizzare l’offerta su grandi numeri, l’ibridizzazione dei modelli fisici e digitali grazie all’utilizzo ottimale di
App e piattaforme digitali sono i veri traguardi per chi vorrà affermarsi nel mercato del risparmio gestito e della protezione.
E questo, con buona pace di chi oggi tifa per l’uno o l’altro modello, riguarderà sia le reti dei consulenti finanziari che le banche.
Tifiamo dunque per i migliori, nella certezza che il mercato sarà il vero arbitro e che a vincere potranno essere – auspicabilmente – sia le banche che le reti.
Nicola Ronchetti