il diavolo e l’acqua santa
Esiste un sistema trasparente, accessibile a tutti e digitalmente incorruttibile per condividere i costi dei prodotti di risparmio gestito e mettere in contatto diretto domanda e offerta?
Certo che sì! Si chiama blockchain e si tratta di un database decentralizzato, distribuito e resistente ad alterazioni, composto da una catena crescente di record, detti blocchi. La blockchain è diventata famosa soprattutto per essere il “notaio” in cui vengono registrate le transazioni in cripto valute.
La blockchain di fatto sostituisce gli intermediari tipici di tutti i sistemi centralizzati e, quindi, una sua applicazione all’industria del risparmio gestito permetterebbe una forte riduzione dei costi e una maggior trasparenza delle informazioni.
Si tratta quindi di una prospettiva rilevante in ottica MIFID 2: la trasparenza dei costi sta spingendo le SGR a rivedere il pricing di molti dei loro prodotti. La possibilità di ridurre i costi di transazione tramite la blockchain agevolerebbe significativamente tale processo.
Attraverso la blockchain, tutti gli interessati, SGR e investitori, potrebbero accedere in qualsiasi momento ai dati con la certezza che tutti quanti abbiano accesso alle stesse informazioni e che nessuno potrà apportare modifiche senza avere il consenso della maggioranza degli altri attori.
Le principali istituzioni finanziarie stanno valutando i potenziali benefici derivanti dall’integrazione di questa tecnologia nelle transazioni commerciali internazionali (ad esempio per l’identificazione e la prevenzione dei rischi nelle vendite di beni e/o servizi) o nello scambio di partecipazioni di società non quotate.
I principali vantaggi per i risparmiatori potrebbero invece essere il frutto dell’applicazione della blockchain al segmento della distribuzione di fondi. Infatti la blockchain potrebbe cambiare la modalità di sottoscrizione di un fondo comune di investimento, disintermediando banche e CF grazie a contratti “smart”, ovvero un codice che una volta immesso nella blockchain automatizza l’esecuzione di tutte le clausole contenute in un contratto.
È chiaro come la blockchain possa completamente rivoluzionare tutti i settori maturi, incluso quello della gestione del risparmio, mettendo teoricamente in discussione i modelli distributivi basati sulle banche, sui CF e sui PB. Nonostante l’enorme potenziale, è altamente improbabile che la sua concretizzazione nel mondo del risparmio gestito avverrà in tempi rapidi.
E questo per almeno tre motivi. Il primo è legato alla difficoltà di integrare tra di loro sistemi fortemente centralizzati. Il secondo è certamente legato alla resistenza degli intermediari, che vedrebbero il loro ruolo fortemente ridotto e – parimenti – importanti fonti di redditività diminuire drasticamente. Il terzo motivo è quello più rilevante: quando si parla di risparmio gestito si parla sempre meno di prodotti e sempre più di soluzioni di investimento che includono cioè un insieme di prodotti e un regista che li assembli in base al profilo di rischio e all’orizzonte temporale del cliente.
Detto in altri termini, la blockchain ha e sta acquisendo sempre di più un valore insostituibile in ambiti molto differenti tra di loro, dalle cripto valute, alla tracciabilità dei pagamenti, del cibo e anche per semplificare la burocrazia ad esempio nella pubblica amministrazione.
Tant’è che su questo terreno si sono lanciati tanti player nazionali e internazionali, tanti Davide e altrettanti Golia che considerano la blockchain uno strumento assolutamente affidabile. JP Morgan ha appena annunciato la creazione di una cripto valuta, JPM Coin, per facilitare “il trasferimento istantaneo dei pagamenti tra conti istituzionali” per i suoi clienti. Segnaliamo la bellissima iniziativa tutta italiana della Foodchain (di Marco Vitale, Davide Costa e Fabio Fiori), che consente di tracciare il cibo dal campo al piatto o se preferiamo – come si diceva negli anni ottanta – dal produttore al consumatore.
Degno di grande interesse è anche l’App messa a punto da Conio, star-up fondata da Christian Miccoli (CEO di ING Direct e di CheBanca!) e Vincenzo Di Nicola (noto per avere venduto la sua prima start-up ad Amazon) che consente a un cliente privato di acquistare e vendere Bitcoin in maniera molto semplice, e di custodirli con un livello di sicurezza unico, grazie a una tra le tecnologie più avanzate al mondo.
Concludendo possiamo convenire che molte delle imprese che utilizzano la blockchain potrebbero certamente rappresentare un buon investimento anche per gli investitori più avveduti e che la stessa blockchain sia oggi più un’opportunità che un rischio per chi intermedia tra mercato e investitori finali.
A patto di non ridurre la consulenza finanziaria alla vendita di un prodotto o di un altro, in questo caso la eventuale sfida con la blockchain è persa in partenza.
Nicola Ronchetti