Caro papà, pensa alla successione
Oggi è la festa del papà e potrebbe a prima vista sembrare dissacrante parlare di successione e ricambio generazionale, ma in realtà non solo non lo è, ma – semmai – è un modo per onorarne la funzione sociale di moderno coprotagonista – con la figura materna – all’interno del nucleo famigliare e per sottolinearne anche la sua auspicata saggezza in termini di gestione del denaro e pianificazione del futuro dei suoi cari: non a caso si parla della diligenza del buon padre di famiglia.
Sì perché il buon padre di famiglia nella cultura cattolica vive in ragione della sua proiezione nel futuro attraverso la protezione – oggi anche finanziaria – della progenie che ha generato.
In questo senso parlare di padri e di denari porta immediatamente a considerare il tema della successione e quindi a come gestirla in modo ottimale e soprattutto nell’interesse dei propri figli.
Partiamo da un dato: solo il 20% degli italiani ritiene che il tema del passaggio generazionale possa riguardarlo in un prossimo futuro, l’incidenza aumenta se consideriamo gli imprenditori, tendenzialmente e naturalmente più consapevoli dei rischi e quindi in ultima istanza anche più preparati su questo tema, ma non arriva a percentuali totalizzanti, siamo ancorati infatti ad un misero 30%.
Cosa significa tutto questo? Che la maggior parte degli italiani non vuole affrontare il tema, forse per una ben nota scaramanzia atavica che caratterizza da sempre gli italiani per la quale basta uno scongiuro per eliminare alla fonte il problema.
Non è così infatti nel resto dell’Europa dove il tema viene affrontato in modo più sistematico da un cittadino europeo su due.
Ma ancora più impressionante è comprendere quanta parte del 20% degli italiani che dichiara di aver pensato al tema della successione lo abbia poi affrontato praticamente: la percentuale si riduce al 5%.
E di questo misero 5% solo l’1% è propenso ad avvalersi di un servizio di pianificazione ed ottimizzazione del passaggio generazionale.
Sono numeri che fanno venire i brividi e che possiamo parzialmente giustificare solo con la nostra cultura fondamentalmente contadina per cui è più importante accumulare – fieno in cascina o denaro in banca – piuttosto che non programmare qualcosa di più strutturato ed efficiente.
D’altronde non è un caso, se sempre noi italiani, siamo cronicamente sotto assicurati rispetto ai nostri vicini europei.
Una domanda sorge però spontanea? Ma di chi è la colpa, sempre che di questa si possa parlare?
Della domanda – quindi dei cittadini italiani – o dell’offerta e cioè del sistema composto da banche e compagnie di assicurazioni?
È indubbio che, senza scomodare premi Nobel dell’economia, sappiamo quasi tutti che si tratta di mercati guidati dall’offerta. In altri termini è l’industria del risparmio gestito, dei prodotti assicurativi e di chi li distribuisce che dovrebbe investire denaro per sensibilizzare i propri potenziali clienti a proteggersi dalle incognite del futuro e soprattutto ad occuparsi di pianificare la propria successione.
Se è vero, come è vero, che nei prossimi dieci anni passerà di mano oltre il 65% della ricchezza degli italiani, forse ad essere irresponsabili e quasi fuori tempo utile non sono solo gli abitanti del Bel Paese ma quasi certamente anche l’industria del risparmio gestito, le compagnie assicurative ed i distributori.
C’è infatti un rischio oggettivo che pochi forse avvertono come imminente, disabituati come siamo a ragionare sui trend di medio lungo periodo. Il rischio che, se questa grande opportunità di sensibilizzare e quindi proporre e vendere agli italiani prodotti finanziari ed assicurativi o comunque soluzioni per ottimizzare il passaggio generazionale, non venga colta dagli attuali protagonisti del mercato, quasi certamente non se la faranno sfuggire i player non convenzionali.
Pensiamo infatti al ben noto spauracchio delle Bigtech e delle Fintech, che, in questo mercato, è ancora più alto se consideriamo che chi si troverà a gestire il patrimonio della generazione precedente, senza che necessariamente questa sia passata a miglior vita, è un nativo digitale, nato e cresciuto dopo i primi anni ottanta, per nulla deferente ed intimorito dalla Banca e dalla Compagnia di Assicurazione.
Anzi questa generazione è molto più aperta a valutare proposte da nuovi player più smart ed efficienti (essendo nati da zero o come dicono gli inglesi “start from scratch”) rispetto alle istituzioni tradizionali che hanno strutture e processi frutto di stratificazioni quasi secolari e che per questo sono molto meno reattive ed accattivanti.
È la festa del papà, dunque i padri non dimentichino di programmare il futuro dei propri figli, e contemporaneamente le banche, i professionisti della finanza, le compagnie di assicurazione ed i distributori di pensare al loro futuro in un mercato in cui ci saranno sempre meno rendite di posizione.
Nicola Ronchetti