un’arte sempre più complessa
Il 33% dei Consulenti Finanziari dichiara di essere meno soddisfatto nei confronti della propria mandante rispetto all’anno scorso (fonte CF Explorer 2018, rilevazione giugno-luglio). Il cambiamento di sentiment è forse il più significativo dal lontano 2001 (quando lanciai la prima edizione in di PF Monitor in Explorer Marketing Research). Le ragioni sono molte ma quasi tutte riconducibili a due macro fattori.
Il primo e più evidente è ascrivibile all’aumento esponenziale degli adempimenti burocratici ed al conseguente aumento della complessità a cui i Consulenti Finanziari sono stati sottoposti soprattutto nei primi 6 mesi di questo anno a causa di MIFID 2 e del GDPR.
Entrambe le normative hanno impattato, sia pure in misura diversa, sui Consulenti Finanziari e sulle strutture che li supportano. In particolare gli addetti alla compliance ed alla privacy – figure oggi ricercatissime, che fino a qualche anno fa non esistevano – nell’esercizio del loro legittimo lavoro hanno dovuto però richiedere ai Consulenti Finanziari molte informazioni e imporre loro l’adozione di nuove pratiche e procedure che hanno reso molto più complesso e burocratico il lavoro del Consulente Finanziario.
E non è che l’inizio: infatti la tanto nominata MIFID 2 non ha ancora scaricato a terra tutte le sue temute conseguenze e le quasi certe reazioni negative dei clienti, i cui impatti si vedranno a partire dai primi mesi del 2019 (quando arriveranno i rendiconti). Ma nel frattempo tutto ciò ha richiesto l’investimento di molto tempo da parte sia dei Consulenti Finanziari che delle strutture interne alle reti demandate al loro supporto: corsi di aggiornamento, di formazione, riunioni continue e convegni e congressi sulla MIFID 2, pur nella loro indubbia utilità hanno rubato però molto tempo alle attività di gestione e sviluppo dei clienti
Per chi, come il Consulente Finanziario, lavora prevalentemente a contatto con il proprio cliente, il tempo dedicato agli adempimenti burocratici e normativi è quasi sempre considerato tempo perso.
Il Consulente Finanziario, vive o dovrebbe vivere in simbiosi con il suo cliente e con i clienti potenziali. Ogni ora spesa in un ufficio o – in alcuni casi – anche in un’aula – quando i contenuti mancano – è un’ora tolta al proprio lavoro che è e resta innanzitutto un lavoro di relazione.
Il secondo fattore che spiega il raffreddamento della soddisfazione dei Consulenti Finanziari verso la propria mandante è riconducibile all’aumento della complessità del lavoro stesso di Consulente Finanziario, oggi, più che in passato.
La riduzione dei margini, conseguenza diretta dell’esplicitazione dei costi di MIFID 2 che giocoforza imporrà un’ottimizzazione dei costi, impatta anche, se non soprattutto, sul Consulente Finanziario: per sopravvivere in questo contesto la soglia minima del portafoglio medio si è infatti alzata di oltre il 40% in dieci anni.
Ma non è così semplice implementare l’entità del portafoglio e trovare nuovi clienti soprattutto per una figura professionale – come quella del CF – di età mediamente matura (53 anni), abituata a lavorare su un perimetro di clienti fondamentalmente consolidato.
A ciò si aggiunga che per le ragioni di cui sopra risulta poco efficiente concentrarsi su clienti “piccoli” (meglio definiti mass market) – per quanto, magari, ad alto potenziale – e sembra diventare obbligatorio concentrarsi su clienti “medi” (cioè affluent e upper affluent) o “grossi” (private e HNWI).
Ma con la dimensione del cliente cresce anche la sua complessità ed il livello di servizio richiesto e poi, non sempre, per non dire quasi mai, al cliente “grosso” corrispondono margini importanti.
Dalla ricerca FINER® TOP 100 HNWI risulta infatti che i paperoni hanno mediamente quattro banche e che oltre l’80% di loro aspetta al varco il proprio referente per gli investimenti pronto a lasciarlo se i costi si dovessero rivelare superiori a quanto atteso/comunicato a parità di performance.
Non solo, nel 70% circa dei casi il cliente “grosso” è un imprenditore e/o viene da una famiglia di imprenditori, e, in Italia, l’imprenditore ama mischiare affari personali ed aziendali (non è così in UK dove nel 85% dai casi tramite trust/fiduciarie si tende a dividere nettamente la ricchezza personale da quella societaria e non solo per ragioni di rischio).
La sfida quotidiana si fa dunque sempre più complessa perché occuparsi di un cliente imprenditore significa doversi occupare necessariamente anche di attività di lending e di corporate finance e, diciamocelo, i Consulenti Finanziari hanno sempre avuto la fortuna di raccogliere denaro e non di doverlo erogare e sappiamo bene che sono due lavori completamente diversi.
A ciò si aggiunga che il corporate è, almeno in Italia, ancora appannaggio delle banche tradizionali che proprio grazie a queste competenze hanno storicamente acquisito e gestito con maggior facilità clientela Private, spesso mettendo pressione sui clienti per gestirli a tutto tondo come individui e come imprese.
È vero che oggi quasi tutte le reti, chi prima e chi dopo, si stanno attrezzando per i servizi corporate, ma ribadiamolo è un lavoro diverso da quello del consulente finanziario che richiede competenze diverse e soprattutto il dialogo con altre figure professionali (il gestore corporate, appunto) i cui interessi non sempre e non necessariamente coincidono con quelli di chi gestisce il patrimonio personale dei clienti.
Insomma, se è vero che mai come in questo momento il lavoro del Consulente Finanziario è stato così in “grande spolvero” (lo dicono i numeri e la crescita continua delle masse gestite) è anche vero che l’arte del consulente finanziario è diventata molto complessa, come conferma anche l’uscita più o meno spontanea (spintanea?) di professionisti forse meno motivati, certamente meno performanti e dotati di portafogli meno dinamici e significativi di quanto richieda il oggi il mercato.
Grandi opportunità dunque per i Consulenti Finanziari pronti a rimettersi in gioco, consapevoli che non ci sono più pranzi gratis – semmai ce ne fossero mai stati – né rendite di posizione, per tutti gli altri prevediamo una lunga e dolorosa maratona dove a tagliare il traguardo sarà certamente meno del 50% dei partenti.
Nicola Ronchetti