Investire | Novembre 2023
BTP alle stelle, gestito in flessione, ETF in grande spolvero. Partendo da questi fenomeni è indubbio che il mercato stia prendendo una direzione inequivocabile e i modelli distributivi si stanno già adattando.
Il modello che ha retto negli ultimi quindici anni basato sul collocamento diretto di prodotti, siano essi fondi attivi, certificati e investimenti in mercati privati, sta evidenziando i suoi limiti nel contesto caratterizzato dai tassi alle stelle e da una spasmodica attenzione ai costi.
Questo modello sta cedendo terreno a due modelli, certamente non nuovi, ma che stanno vivendo una nuova primavera.
Ci riferiamo innanzitutto al modello basato su contenitori, “wrapper” composti da gestioni patrimoniali e unit link, tornato in auge proprio per la possibilità di combinare gestione del portafoglio, protezione e ottimizzazione fiscale.
Dentro il modello “wrapper” ci stanno comodamente attovagliati, fondi attivi, ETF e singoli titoli, che il consulente finanziario, supportato dalla propria mandante, e verificato il profilo di rischio e l’orizzonte temporale del cliente avrà cura di mixare.
L’atro modello che ha ormai spiccato il volo è quello della consulenza a pagamento definito di “advisory”, anche qui gli ingredienti sono molteplici, fondi attivi, ETF, singoli titoli e investimenti in mercati privati.
In questo contesto i BTP sono ospiti più che desiderati, ma certamente non gli unici invitati. Il consulente finanziario può assecondare la pressione che riceve dal proprio cliente su questo tipo di investimenti, praticando però al contempo la regola numero uno della consulenza, ovverossia la diversificazione.
La differenza fondamentale tra l’attuale modello e i due che lo stanno progressivamente sostituendo non è da poco: si passa dalla consulenza di prodotto a quella di portafoglio.
In questo contesto ben si comprendono le critiche ai portafogli con forti concentrazioni in specifiche asset class, in alcuni settori e in pochi temi di investimento.
Il mantra della diversificazione guida il cambiamento in atto e segue in modo più o meno pedissequo, quello che peraltro sta succedendo nel Regno Unito e negli Stati Uniti.
Una buona parte di risparmio amministrato che è cresciuta significativamente anche nei portafogli gestiti dai consulenti finanziari è inserita in modelli di consulenza.
Ad oggi fonti autorevoli stimano che il modello basato sulla consulenza di prodotto pesi per circa il 70% e quello basato sulla consulenza di portafoglio per il restante 30%: ma non ci dovremmo stupire se nel giro di qualche anno i rapporti si invertano.
A testimonianza che il percorso è tracciato e che a meno di stravolgimenti si vada nella direzione di un modello “fee-based” vi è la soddisfazione di tutti gli stakeholder: investitori finali, consulenti, banker, banche, mandanti e società di gestione del risparmio.
Analizzando la soddisfazione dei consueti finanziari e dei private banker emerge come sul fronte della consulenza evoluta e delle soluzioni di gestione del risparmio, le reti più fortemente sbilanciate sui modelli “wrapper” e “advisory” primeggino su quelle prevalentemente orientate al collocamento di prodotti con retrocessione.
A ulteriore riprova di tutto ciò assistiamo a una forte concentrazione degli asset manager e a un loro ingresso sempre più massiccio nel mercato degli ETF, una vera e propria rivoluzione silenziosa a cui sopravviveranno i grandi sempre più grandi e i piccoli sempre più bravi.
Nicola Ronchetti