ADVISOR | Dicembre 2022
Fare credito a una persona fisica o a un’impresa è un mestiere diverso dalla consulenza finanziaria: in un caso l’individuo o l’impresa chiedono denaro alla banca nell’altro glielo affidano.
Per questo l’idealtipo del consulente bancario dedicato alle imprese, soprattutto alle PMI, è antropologicamente diverso dal consulente finanziario.
Apparentemente è in una posizione di forza: a lui e alla banca che rappresenta i clienti chiedono denaro, si sottopongono a valutazioni sulla loro solvibilità, all’analisi dei loro redditi e dei bilanci della loro attività.
Il consulente finanziario, invece, la fiducia del cliente e quindi il suo denaro se lo deve conquistare e poi – cosa per nulla scontata – saperlo gestire, me se ci riesce lo fidelizza a lungo.
Eppure il cliente ideale, soprattutto se private, ha una doppia veste: è un individuo con una famiglia sulle spalle e al contempo un professionista o un imprenditore a cui fanno capo dipendenti e collaboratori.
Riuscire a servire e supportare il cliente private sia lato credito per l’impresa che gestione del patrimonio individuale è la vera sfida per le reti dei consulenti finanziari e le banche più dinamiche.
Alcune banche in modo più o meno ricorrente cercano di mettere insieme i gestori private e quelli imprese: le sinergie sulla carta sono evidenti.
Ancor più se al credito e alla gestione del patrimonio si aggiunge la protezione.
Teoricamente la banca assicura l’individuo e l’impresa da ogni possibile sinistro cosicché non sia più necessario – in entrambi i casi – mantenere liquidità (quasi sempre accantonata per far fronte a imprevisti) ma si possa viceversa darla in gestione alla banca.
Se poi l’individuo o l’impresa avesse necessità di credito non avendo più liquidità in quanto investita nella banca, quest’ultima non lesinerebbe certo un finanziamento, ovviamente garantito dagli stessi investimenti fatti con la banca.
Tutto teoricamente perfetto se non fosse che nella maggioranza dei casi sono tre le figure in gioco, il consulente degli investimenti, il gestore imprese e l’assicuratore.
Ognuna di queste figure ha quasi sempre linee gerarchiche, obiettivi, budget e attitudini differenti e a volte pure contrapposte.
Le stesse reti dei consulenti finanziari possono avere obiettivi e strategie differenti. Ad esempio se una rete è indipendente da un gruppo bancario o assicurativo è lecito aspettarsi, che salvo eccezioni, avrà una strategia che punterà tutto sull’asset management.
Viceversa una rete di consulenti finanziari parte di un gruppo bancario con cui condivide strategie e obiettivi comuni, è probabile che sia interessata a rafforzare le sinergie tra credito e gestione del risparmio.
Da una rete di consulenti finanziari parte di un gruppo assicurativo è poi lecito aspettarsi sinergie tra soluzioni nell’ambito della protezione – polizze vita e unit linked – e della gestione del risparmio.
Il vero tema è come coniugare queste tre esigenze – protezione, credito e gestione del risparmio – con un’unica interfaccia per il cliente.
Alcune reti dei consulenti finanziari hanno trovato una soluzione tanto banale quanto geniale: mettere in affiancamento dei consulenti finanziari degli esperti di credito e di protezione.
Per la riuscita del modello è necessario che questi esperti, sia che siano agenti assicurativi o specialisti della protezione o del credito, abbiano le stesse motivazioni, condividano gli stessi obiettivi dei professionisti della gestione del risparmio.
Riuscire a creare questa convergenza di intenti in una logica vantaggiosa per tutti – banca, professionisti e clienti – è una sfida che avrà certamente un impatto sul futuro di molte delle reti operanti oggi in Italia.
Nicola Ronchetti