DA BANCARIO A CONSULENTE MANCA L’ESODO

Bluerating | Ottobre 2024

Il 34% dei bancari si dichiara disponibile a prendere in considerazione la possibilità di lavorare come consulente finanziario con un contratto di agenzia e partita iva nelle principali reti di consulenza finanziaria (fonte ricerca FINER 2024 per ASSORETI).

I dipendenti bancari in Italia sono 265.000, anche considerando solo coloro che lavorano a diretto contatto con i clienti, dovremmo avere qualche migliaio di bancari in fila per entrare nelle banche reti.

Il fatto che non si registri questo esodo massiccio, nonostante le dichiarazioni di intenti, è spiegato da almeno tre fattori.

Il primo è un fattore personale: il salto da dipendente a consulente a partita iva, cioè di fatto a imprenditore di sé stesso, non è per tutti, va interiorizzato, valutato individualmente e poi – fondamentale – va incentivato e adeguatamente supportato da parte della banca rete.

Le reti hanno fatto passi da gigante negli ultimi anni in termini di capacità di attrazione dei migliori talenti, dentro e fuori dal settore della consulenza finanziaria. Tuttavia ci sono ancora ampi spazi di miglioramento.

A livello organizzativo il ruolo del reclutatore andrebbe definito con obiettivi e ruoli precisi, cosa che non sempre accade.

Servirebbero poi più ambasciatori che meri reclutatori, in grado di trasferire il valore di una professione che non è per tutti ma è certamente per molti che ancora non lo hanno compreso.

Spesso rileviamo che questo compito è affidato prevalentemente a chi, pur essendo un ottimo manager, non ha in sé tutte le doti, la sensibilità e la capacità di attrarre e offrire una reale prospettiva di crescita a un potenziale candidato.

Alcune reti lo hanno capito bene e supportano la crescita della rete coinvolgendo anche la funzione HR della banca, oltre che consulenti esterni, altre sembrano essere ancorate a logiche passate.     

Il secondo motivo è che la banca, per molti è vista ancora come un porto più sicuro di una rete, in grado di offrire una maggior sicurezza economica, minori rischi di fallire nel proprio lavoro e comunque il giusto rapporto tra qualità della vita e lavoro anche grazie a un minor sforzo richiesto nello sviluppo della clientela.

C’è poi un tema legato al welfare aziendale molto rilevante soprattutto per le donne ma non solo, la banca da questo punto di vista sembra offrire maggiore protezione e garanzie più estese, le reti su questo fronte possono ancora fare molto. Per attrarre e trattenere i migliori talenti dal mondo delle banche vanno dunque considerati anche altri aspetti meno tangibili del denaro come la formazione e la valorizzazione del lavoro in team sfatando il mito del consulente lupo solitario, che spaventa i più pavidi.

Il terzo motivo è legato al valore del brand delle banche che, mediamente e con le dovute eccezioni, beneficiano ancora di livelli di conoscenza maggiore, di una brand equity più solida e di una reputazione più rassicurante rispetto alla media delle reti.

A ciò si aggiunga che la soddisfazione dei bancari verso la propria banca, seppur ancora inferiore a quella dei consulenti, è in crescita rispetto allo scorso anno, certamente grazie ai risultati record delle banche che hanno consentito incrementi retributivi, un ritorno ad un maggior protagonismo anche a livello internazionale e un conseguente aumento della fiducia nel management.

Le difficoltà nel promuovere e valorizzare il ruolo del consulente finanziario, dimostrare il potenziale delle reti, spiegare la loro evoluzione nel tempo, supportare  e aiutare a superare le paure di chi non osa fare il salto sono ancora oggi le vere barriere all’esodo massiccio di bancari.

Nicola Ronchetti