Bluerating | Settembre 2023
La migliore eredità che un padre possa lasciare a un figlio è la capacità di costruirsi la propria vita con insegnamenti e con una vita esemplare, e questo a prescindere dal fatto che il suo lascito sia costituito anche da beni materiali.
I beni materiali sono senz’altro una condizione necessaria per una vita tranquilla ma non sono, da soli, sufficienti a garantire la felicità e la realizzazione del sé.
La scomparsa di un padre pone interrogativi esistenziali: quali insegnamenti mi ha lasciato? quanto prevale il desiderio di emularlo, di fare meglio di lui o di scegliere una propria strada?
Mi hanno molto colpito le parole e l’emozione di Massimo Doris e di Pier Silvio Berlusconi nel ricordare i loro padri. In entrambi i casi l’eredità ricevuta trascende i beni materiali – certamente non trascurabili – per trasformarsi in un senso del dovere nel proseguire sulla strada tracciata dai genitori: un bel peso indubbiamente.
Quando ho perso mio papà, figlio di imprenditori, ho ripensato alla sua bellissima vita e al fatto che lui abbia scelto un percorso differente da quello di suo padre.
Mio padre era uno storico della filosofia, professore universitario, dotato di acuta intelligenza, rigore scientifico, valori morali, empatia, educazione e di una capacità di ascolto unica.
Io ho scelto la mia strada, diversa dalla sua, alla carriera accademica ho preferito quella manageriale e poi quella imprenditoriale, lui però è stato sempre il mio faro in tutte le scelte importanti della mia vita: FINER è nata grazie ai suoi preziosi consigli e a due delle persone a lui più care che sono diventate i miei partner.
Quale opzione rende l’individuo più felice, seguire le orme paterne o trovarsi una propria strada? Credo che non ci sia una risposta assoluta: la felicità e la realizzazione personale dipendono dalla passione e dalla motivazione che guidano le scelte di vita e di lavoro individuali.
Conosco persone che sono state costrette a seguire le orme paterne, con risultati devastanti, sia per il successo della propria attività che, ancor più grave, per la loro felicità.
Viceversa ci sono tanti imprenditori e professionisti di seconda o terza generazione che, desiderosi seguire le orme paterne, spinti da profonda gratitudine hanno saputo valorizzare e migliorare quanto ricevuto in dono.
E poi ci sono i fondatori, uno su tutti Brunello Cucinelli, che proprio partendo dall’umiliazione subita dal padre operaio sul lavoro, ha trovato la forza di riscattare sé stesso e la propria famiglia creando un impero basato sull’etica e sul rispetto delle persone.
Il settore della consulenza finanziaria, basato più di altri sul capitale umano, è emblematico di come il tema del passaggio del testimone di padre in figlio possa e debba essere affrontato.
È chiaro che, nel domandarci perché non tutte le figlie o i figli dei consulenti finanziari scelgano di perseguire la professione dei genitori, si debba partire proprio dalle precedenti considerazioni.
Per l’89% dei consulenti finanziari i loro figli devono essere liberi di scegliere la propria strada, anche se il 66% di costoro gradirebbe vederli al loro fianco per garantire continuità alla propria attività, dato che arriva al 75% per i professionisti con portafogli superiori alla media.
Certo per chi ama il proprio lavoro, la tentazione di influenzare le scelte dei propri figli, favorendo la continuità familiare della propria attività è forte, ma la felicità più grande per un genitore è vedere i propri figli felici e realizzati nelle loro scelte autonome.
Per questo io sono felice di avere un figlio laureato in fisica e una figlia iscritta ad architettura.
Nicola Ronchetti