Investire | Marzo 2022
La guerra in Ucraina ha fatto crollare i mercati e pochi giorni dopo l’invasione mi sono andato a vedere le quotazioni a sconto e mi sono detto, questo è il momento di investire.
Se andiamo a vedere i fondamentali delle banche, delle reti di consulenti finanziari e delle fintech nostrane scopriamo realtà sanissime e che soprattutto conosciamo da vicino.
Certo un investitore avveduto non deve ragionare con spirito patriotico, ma nel nostro caso la tentazione è forte, vediamo per quali motivi.
L’Italia è un paese che può contare su un risparmio familiare, i quasi duemila miliardi di Euro che giacciono in liquidità sui conti correnti non sono che la punta dell’iceberg.
Pensiamo al patrimonio immobiliare e illiquido degli italiani e al fatto che meno di un italiano su quattro ha assicurato la propria abitazione.
Banche e reti hanno – quasi tutte – chiuso il 2021 con i migliori risultati di sempre.
E se è vero che anche le banche cosiddette tradizionali, almeno quelle ben gestite, hanno chiuso con risultati record, soprattutto grazie alla riduzione dei costi dovuta in gran parte dalla chiusura di sportelli e al prepensionamento di figure senior, grava sulle loro prospettive un modello di servizio ormai obsoleto.
Certo le migliori banche hanno annunciato il lancio di banche digitali, App all’avanguardia, accordi con le più blasonate IT company e con le migliori fintech, ma il cambio di rotta per società con decine di migliaia di dipendenti non sarà facile e soprattutto non potrà avvenire in tempi brevi.
Un episodio recente mi ha fatto definitivamente comprendere, se mia ve ne fosse ancora bisogno, quanto ci sia ancora da fare nel mondo bancario anche in termini di cultura del personale.
Un direttore di una banca che non rispondeva mai al telefono e in difetto su una pratica aperta da tempo, di fronte alle mie lamentele mi ha risposto piccato “non è mica colpa mia se in filiale siamo rimasti in cinque da quindici che eravamo”.
Mi si è gelato il sangue pensando che questo signore sparando a zero sulla sua banca ha di fatto ipotecato il suo futuro.
Il settore della consulenza finanziaria è quasi sempre l’esatto opposto, le filiali vengono aperte e la stragrande maggioranza dei consulenti finanziari è motivata, disponibile e cortese.
Certo anche nel caso delle reti non si può generalizzare, ci sono reti e reti.
Ma possiamo affermare senza tema di smentita che il loro modello è vincente, l’enorme balzo fatto dagli italiani verso un’evoluzione digitale, imprevedibile prima di marzo 2020, ha dato una spallata al passato.
Il filo rosso dell’innovazione e del futuro è la banca digitale, ma sarebbe banale e riduttivo se fosse solo questo. La banca digitale è un ingrediente necessario ma non sufficiente e va amalgamato con il fattore umano – quello del consulente – in dosi diverse a seconda del tipo di cliente.
Il professionista private ultracinquantenne con qualche milione di patrimonio e suo figlio ventenne al momento senza un becco di un quattrino ma magari domani startupper di successo, dovrebbero essere serviti dalla stessa banca con differente intensità umana, massima per il padre minima per il figlio, e magari l’opposto per l’accessibilità digitale.
Questo è il futuro, le reti lo hanno capito prima di altri e molte lo stanno mettendo in partica, perché dunque non investire su chi ha un futuro?
Nicola Ronchetti