Bluerating | Maggio 2021
L’importanza della retribuzione per qualsiasi professionista è determinante per due motivi.
Il primo è anche il più banale: il denaro serve per vivere e per soddisfare i propri bisogni, che però nell’arco della vita evolvono di continuo.
Nel 1954 lo psicologo Abraham Maslow propose un modello motivazionale dello sviluppo umano basato su una gerarchia di bisogni, disposti a piramide, in base alla quale la soddisfazione dei bisogni più elementari (salute, sicurezza, casa, famiglia) è condizione necessaria per fare emergere quelli di ordine superiore (appartenenza, stima e autorealizzazione).
Il secondo motivo è proprio legato alla piramide di Maslow: i bisogni fondamentali, una volta soddisfatti, tendono a non ripresentarsi, mentre i bisogni sociali e relazionali rinascono con nuovi e più ambiziosi obiettivi da raggiungere.
Ne consegue che l’insoddisfazione, sia sul lavoro, sia nella vita pubblica e privata, è un fenomeno molto diffuso che può trovare una sua causa nella mancata realizzazione delle proprie potenzialità spesso rappresentate anche dal proprio stipendio/fatturato.
Analizzando i dati dei monitoraggi che FINER conduce ogni anno su un campione di oltre 7.000 professionisti tra Consulenti Finanziari, Private Banker e Gestori Bancari emergono alcuni dati interessanti anche per inquadrare le dinamiche motivazionali.
Il 30% dei Consulenti Finanziari è completamente sodisfatto della propria retribuzione, tra questi i CF Top, cioè i professionisti con un portafoglio superiore ai 50 milioni, arrivano al 45%.
Lato dipendenti le percentuali si riducono in modo significativo: tra i Private Banker il 19% è completamente soddisfatto della sua retribuzione mentre solo il 13% dei dipendenti bancari esprima la massima soddisfazione.
Anche la soddisfazione per la retribuzione variabile tra i dipendenti non è elevatissima: 15% per i private banker e 8% per i gestori bancari.
Tra i dipendenti bancari il 44% si dichiara disponibile a rinunciare ad una parte di retribuzione fissa a fronte di un aumento più che proporzionale della parte variabile.
Percentuale che di fatto coincide con chi – tra i bancari – prenderebbe in considerazione l’ipotesi di diventare consulente finanziario (45%).
Effettivamente la professione di CF – se ben esercitata – può garantire maggiori soddisfazioni economiche a fronte però di un rischio imprenditoriale connesso alla rinuncia dello stipendio fisso a cui non tutti sono disponibili a rinunciare.
Il settore bancario e quello della consulenza finanziaria rappresentano quindi due opzioni possibili per ogni professionista e un’opportunità per i bancari insoddisfatti disponibili a mettersi in discussione e non solo a lamentarsi.
Nicola Ronchetti