Advisor | Gennaio 2022
A volte ci si domanda cosa caratterizza una squadra vincente dalle altre. La risposta sta il quel combinato disposto creato dall’insieme di persone, donne e uomini che giocano la stessa partita.
In una squadra vincente ognuno gioca il suo ruolo ben definito, chi in campo, chi in panchina, chi in tribuna e chi dietro le quinte.
A ben vedere la stessa dinamica si crea nelle strutture di professionisti, siano avvocati che affrontano un’importante deal, private banker, gestori bancari e consulenti finanziari.
Quello che cambia tra le diverse professioni e i differenti contesti è l’intensità del senso di squadra che molto spesso è correlato alle dimensioni della struttura e al minore o maggiore distanziamento tra i ruoli.
Non stupisce che il senso di appartenenza nelle reti dei consulenti finanziari che primeggiano il mercato sia molto più elevato rispetto ad alcune banche o reti che fanno più fatica a riconoscersi in un management o in una strategia di gioco comune.
Le differenze sono significative: si passa dalle migliori realtà in cui il 66% dei professionisti è orgoglioso di lavorare per la propria banca a realtà in cui si raggiunge a stento il 25%.
Il senso di appartenenza è direttamente correlato ad altri tre fattori.
Il primo è la fiducia nel management (che oscilla da un massimo del 72% a un minimo del 15%) che guida la rete o la banca, che può anche declinarsi nel management del gruppo di cui la società fa parte.
Il secondo è la fedeltà alla banca o alla rete che si traduce in una propensione a rimanere nella stessa società a uno, tre o cinque anni (con valori che passano dal 69% al 34%).
Il terzo è la propensione farsi ambasciatori della propria banca o rete, suggerendola ad amici e colleghi (con una forchetta di valori che oscilla dal 81% al 23%).
Anche qui è incredibile notare alcune differenze significative.
In alcuni casi la fiducia nel management, la fedeltà alla banca o alla rete e la propensione a promuovere la propria società di fronte a terzi sono tutte elevate e sopra la media, in questi casi vi è un’armonia perfetta di intenti e in società di questo tipo c’è un sentire comune.
In altri casi vi è fiducia nel management ma non nella società, in altri la fedeltà sembra avere una scadenza inferiore ai cinque anni e spesso è correlata alla presenza di patti di stabilità legati al contratto di lavoro.
Le variabili che portano a questa oscillazione di valori che registriamo da una realtà ad un’altra sono molte, si va dalla capacità di chi guida l’organizzazione di mantenere le promesse, al funzionamento della macchina operativa, alla frequenza di contatto, ai contest, alla maggiore o minore pressione sugli obiettivi commerciali.
Ma c’è un fattore che più di altri sembra correlato al senso di appartenenza: quella sensazione che il management sia di rete che apicale ti supporti e si spenda in prima linea per il raggiungimento dei risultati.
Sembra dunque finita l’era dei generali che comandano dalle retrovie, sempre più ricercati invece i manager che affiancano le proprie persone stando al loro fianco.
Insomma tra cercasi disperatamente, tra immaginario e storia, figure come Massimo Decio Meridio o come la pulzella d’Orléans.
Nicola Ronchetti