AP Private | Novembre Dicembre 2021
Che il private banking stia vivendo un grande fermento è sotto gli occhi di tutti, impressionante però notare l’accelerazione dei cambiamenti in corso negli ultimi 10 anni.
Un mercato che è stato di fatto la rappresentazione di sé stesso per lunghissimo tempo sta subendo più cambiamenti negli ultimi dieci anni che in un secolo.
Prima del 2013 alcuni impietosi detrattori del mercato del private banking lo definivano la “foresta pietrificata”.
Stesse banche, rendite di posizioni secolari, barriere all’ingresso, clienti poco avvezzi al rischio che erano soliti remunerare e conservare il proprio capitale investendolo in soluzioni a rendimento quasi garantito e a rischio zero.
La regola per i private banker era la discrezione, il segreto bancario il mantra, si sarebbe pagato pur di non apparire e l’esibizione della ricchezza era vista come un peccato mortale.
Poi come un fulmine a ciel sereno molte rendite di posizione si sono sciolte e si stanno sciogliendo come neve al sole.
I Private Banker hanno dovuto affrontare l’ingresso nel loro giardino incantato dei promotori finanziari, visti prima con un certo distacco e considerati poco più che venditori porta a porta, poi con timore (giustificato) e ora con deferenza come un modello a cui ispirarsi.
Dopo 10 anni i numeri parlano da soli: il 40% delle masse dei clienti private è gestito dagli ex-promotori finanziari, diventati prima consulenti finanziari e oggi private banker a tutto titolo.
Sempre più spesso negli ultimi anni private banker di blasonate banche decidono cambiare banca o di lasciarsi alle spalle il posto fisso per lanciarsi come agenti alla conquista del mercato.
Ecco perché oggi le banche private, anche quelle più blasonate e poco inclini all’esposizione mediatica pur di non rischiare l’oblio iniziano a comunicare, i loro responsabili rilasciano interviste e sono presenti i sui social network: cose impensabili fino a qualche anno fa!
Assistiamo poi e come è naturale che sia ad un vero e proprio ricambio generazionale anche tra i top manager delle banche private: un’intera generazione di navigati banchieri è sostituita da brillanti donne e uomini poco più che quarantenni.
Una vera e propria rivoluzione, iniziata da tempo ma che ha richiesto tempi lunghissimi per essere prima metabolizzata e poi agita, dettata dalla consapevolezza che il mondo del private banking se non vuole estinguersi deve adeguarsi ai tempi.
D’altronde anche gli ottuagenari clienti private e HNWI stanno naturalmente lasciando il passo ai loro figli cinquanta-sessantenni o ai loro nipoti trenta-quarantenni.
Costoro sono decisamente più evoluti in termini di fruizione multimediale (utilizzano i social network e Internet in modo massiccio) e decisamente orientati a un approccio ibrido con la banca basato su incontri personali ma anche molta banca a distanza.
Che sia arrivato il momento di ammettere che anche nel private banking non sia più applicabile l’adagio gattopardesco “tutto cambia perché nulla cambi”?
Nicola Ronchetti