Advisor | Giugno 2021
Lo chiamiamo Recovery Fund o Plan, cioè “fondo o piano per la ripresa”, ma il suo nome è Next Generation EU, cioè “l’Europa di Nuova Generazione”.
Gli obiettivi sono promuovere la trasformazione digitale del Paese, sostenere l’innovazione del sistema produttivo, e investire in due settori chiave per l’Italia, turismo e cultura. Gli investimenti previsti nel piano assicurano la fornitura di banda ultra-larga e connessioni veloci in tutto il Paese.
Il pacchetto finanzierà anche la lotta ai cambiamenti climatici, a cui verrà riservato il 30% dei fondi europei, la più alta percentuale di sempre per il bilancio dell’UE.
Che impatto avrà tutto questo per il settore della consulenza finanziaria che, a dispetto della situazione, sta inanellando un record dietro l’altro (con un portafoglio clienti di 694 miliardi e una crescita di oltre il 20% vs. il 2020 a marzo 2021)?
Per rispondere dobbiamo partire da un altro dato. La liquidità sui conti correnti delle imprese italiane è pari a 492 miliardi di Euro (fonte: Banca d’Italia, dati febbraio 2021).
Il dato è impressionante, ancor più se si considera che l’incremento della liquidità per le Imprese nell’ultimo anno è stato di 94 miliardi di euro.
Quando le imprese non investono e tengono i soldi sui conti correnti il risultato è che rinunciano a crescere e a svilupparsi e quindi a creare benessere per gli azionisti e posti di lavoro.
Il Next Generation EU avrà proprio il compito di attivare una serie di nuove iniziative ma anche di infondere fiducia soprattutto tra imprese e imprenditori facendo ripartire il ciclo economico e finanziario.
Basterà da solo? Certamente no, in mercati fortemente guidati dall’offerta è fondamentale la proattività dei professionisti siano essi dipendenti o consulenti finanziari.
Per la proprietà transitiva se il settore delle reti è riuscito a registrare una crescita a doppia cifra in un momento di crisi è lecito aspettarsi che farà ancora di più e meglio nella fase di ripresa.
In realtà nulla è così scontato. Innanzitutto per una questione antropologica: il consulente finanziario da il meglio di sé nelle fasi di forte complessità del mercato e sotto pressione.
Il secondo motivo è che il consulente finanziario al pari del collega dipendente di una banca dovrà totalmente ripensare al proprio ruolo e alla propria professione.
A fare la differenza saranno sempre di più le competenze digitali, la sensibilità sulle tematiche ambientali e la capacità di fare emergere dai propri clienti la consapevolezza dei bisogni inespressi in tema di protezione, gestione del risparmio e accesso al credito.
Sarà poi sempre più determinante l’alchimia che si creerà tra persone cioè tra clienti e professionisti: il binomio cliente-consulente è il segreto del successo di qualsiasi professione.
Perché più che in passato solo chi saprà dialogare in modo proattivo con i propri clienti avrà un futuro.
E se il buon giorno si vede dal mattino non è audace ipotizzare il raggiungimento della soglia dei 1.000 miliardi di Euro per il settore della consulenza finanziaria entro il 2023.
Nicola Ronchetti