Bluerating | Dicembre 2020
La pandemia ha piegato in due il nostro paese e tutto il mondo, pochissimi settori sono usciti indenni dalla prima ondata, ancora meno saranno quelli che usciranno sani e salvi dalla seconda ondata.
Le reti dei consulenti finanziari sono riuscite non solo a passare indenni da questo tsunami ma addirittura ne sono uscite rafforzate.
I motivi sono sostanzialmente tre.
Il primo motivo attiene all’elevato livello di digitalizzazione raggiunto delle reti. L’essenza stessa del lavoro del consulente finanziario è la sua capacità di operare “fuori sede” ovverosia senza la necessità di appoggiarsi ad un ufficio o a una filiale.
Venti anni fa questo era vissuto come un limite, oggi questo si è rivelato un vantaggio competitivo. Le reti hanno iniziato per prime a investire in piattaforme di remote banking, dotando i propri consulenti finanziari di strumenti all’avanguardia in grado di operare in mobilità.
Alcune reti sono poi native digitali e la trasformazione digitale l’hanno cavalcata, in alcuni casi anche innescata, certamente non l’hanno subita come alcune banche che sono state travolte dagli eventi.
Gli investimenti in digitale per avere successo, presuppongono poi di essere innestati e piantati su un terreno fertile; le reti molto più giovani della media delle banche, non hanno dovuto perdere tempo ed energia per dissodare sub-strati geologici accumulati in anni, come le loro sorelle più anziane, le banche appunto.
Il secondo motivo per cui le reti stanno reagendo in modo positivo alla pandemia è legato ad una catena di comando più snella rispetto a realtà più complesse come quasi tutte le banche.
Ci sono solo poche grandi banche che, grazie a un modello federativo, stanno affrontando la pandemia superando a pieni voti tutti gli ostacoli grazie a un’organizzazione delle deleghe diffusa e mirata al massimo dell’efficienza. Si tratta però di eccezioni.
Nel caso delle reti, invece questa è la regola: una catena di comando snella dove le figure apicali sono poche e con deleghe chiare, a contatto con i consulenti finanziari, è questo è un indubbio vantaggio competitivo.
Le reti dei consulenti finanziari sono un po’ come i gladiatori di Massimo Decimo Meridio nell’atto in cui il Gladiatore e i suoi affrontano tigri e pretoriani nel Colosseo: in grado di serrare i ranghi e mettersi in formazione per resistere meglio al nemico, nel nostro caso, al virus.
Il terzo motivo per cui le reti si stanno dimostrando più resilienti delle banche e in generale di qualsiasi altro settore sta nella figura stessa del consulente finanziario e nella sua essenza.
Una figura in grado di riassumere in sé le migliori caratteristiche di un imprenditore, di un professionista e di un manager motivato che crede nella sua azienda.
Dell’imprenditore ha la capacità di reagire agli eventi avversi e di essere proattivo perché sa che tutto dipende da lui e che la fine del mese è un giorno come altri e non il giorno di paga.
Del professionista il consulente finanziario ha la lucidità di analisi, il desiderio di tenersi costantemente aggiornato di investire sulla propria formazione e continua crescita professionale; ma anche la capacità di ascolto, dote sempre meno diffusa.
Del manager di un’azienda, il consulente finanziario ha il senso di appartenenza alla squadra, l’orgoglio della maglia e la fiducia nel management che la guida.
Il frutto del combinato disposto di queste capacità si è visto durante il primo lock down: a una settimana dall’emergenza il 56% dei clienti era stato contattato dal suo CF, contro il 14% dei clienti seguiti da una banca generalista.
A tre settimane dall’inizio del lockdown i clienti soddisfatti del proprio CF erano il 71% rispetto al 37% dei clienti di una media banca generalista.
Fatti non parole.
Nicola Ronchetti