Insurance Daily | Maggio 2022
Immaginiamo due bottoni uno verde e uno rosso, quello verde disinnesca il rischio e quello rosso lo innesca, ma non si tratta di un ordigno esplosivo bensì del potenziale enorme che ha la proposizione congiunta di prodotti di protezione e di investimento.
Gli italiani lasciano sui conti correnti quantità enormi di denaro, soprattutto per far fronte a eventuali necessità o bisogni in caso di emergenza.
Se analizziamo le possibili emergenze scopriamo che tutte sono coperte da assicurazioni: casa, incendio, furto, malattia, vita.
Eppure – salvo eccezioni – chi propone polizze assicurative disinnescando gli effetti negativi di un sinistro, difficilmente propone poi di investire quella parte di liquidità infruttifera accantonata in caso di bisogno.
Proporre protezione è un’attività agli antipodi rispetto alla proposizione di investimenti finanziari che hanno insito il concetto di rischio.
Rischio di perdita parziale o totale del capitale investito, rischio di illiquidabilità nei tempi e nei modi auspicabili dagli stessi sottoscrittori.
Pochi associano il rischio alla perdita del valore di acquisto diretta conseguenza dell’inflazione che ha ripreso a mordere da marzo in modo significativo.
In mercati ancora guidati dai professionisti le loro competenze e le loro attitudini commerciali sono determinanti.
Così come è complesso che un gestore corporate, abituato a dare denaro, diventi un buon consulente finanziario, che il denaro deve chiederlo, ottenerlo e saperlo investire, così difficilmente un agente assicurativo si sentirà a suo agio nel proporre un investimento finanziario.
Può essere però vero il contrario, un buon gestore bancario o un buon consulente finanziario potrebbe usare il tema della protezione per disinnescare il timore di investire i propri risparmi e lasciarli in liquidità infruttifera.
In altre parole, in un mondo ideale e razionale, chi riesce a trasmettere al proprio cliente un senso di protezione da eventuali rischi per i quali tiene il denaro sul conto corrente, logicamente dovrebbe riuscire nell’arduo compito di convertire questo in risparmio gestito.
La realtà, sappiamo, è molto differente e le motivazioni sono molteplici. Ancora una volta, volendo semplificare potremmo dire che ci sono tre fattori che frenano i comportamenti più virtuosi.
Il primo fattore è correlato al rendimento e alle performance degli investimenti. Facciamo un esempio cosa dire a chi, con un’inflazione al 7%, ha investito i suoi risparmi che dopo sei mesi segnano un – 12% in conto capitale.
Se ha un orizzonte temporale corretto – ad esempio per un investimento azionario almeno cinque anni – non dovrebbe temere ma solo aspettare.
Il vero quesito è proprio questo, quanti hanno stabilito un orizzonte temporale al momento della sottoscrizione?
Il secondo fattore è correlato al costo dei prodotti e a come viene comunicato. Se si propone un investimento per la gestione della liquidità che ha un costo dell’1%, va spiegato quanto costerebbe non investire.
Il terzo e ultimo fattore riguarda la fiducia, vero propulsore sia per le banche che per le assicurazioni. La fiducia si costruisce nel tempo e sulla base di esperienze positive.
Se sommiamo questi tre fattori – performance, costi e fiducia – scopriamo che il pallone è nella metà campo dell’offerta e che solo i migliori faranno gol senza falli o fuori gioco.
Nicola Ronchetti