Nuove scelte e nuovi operatori digitali
Il settore sta assistendo all’arrivo di nuovi operatori legati anche al digitale e a scelte, da parte dei grandi player, che vanno a discapito delle funzioni client driven e che lasciano più spazio alle strutture più snelle e dinamiche.
Correva il 1992 e fresco di laurea alla Bocconi con una tesi dal titolo “Informazione e Marketing: l’impresa e gli istituti di ricerca di mercato” varcavo – come stager – l’ingresso di via Crocefisso numero 10 a Milano, la sede di Explorer. All’epoca, il mondo delle ricerche di mercato cresceva a ritmi frenetici, il settore era in grado di attrarre giovani talenti e i migliori istituti di ricerca erano valutati decine di miliardi di lire dalle grandi multinazionali che volevano entrare in Italia. Oggi il quadro sembra radicalmente cambiato, ai primi player digitali (ad esempio Toluna, Metrix Lab), se ne stanno affiancando di nuovi (gli sconosciuti ai più Mu Sigma, Dunnhumby), specializzati in big data, analitycs e data science – che crescono a doppia cifra a dispetto dei grandi gruppi multinazionali di ricerche “tradizionali” in cui tutti noi ci siamo fatti le ossa (Ipsos e GfK solo per citare i più grandi e autorevoli) che sembrano arrancare con crescite organiche prossime allo zero. I grandi Gruppi multinazionali, alla ricerca spasmodica del contenimento dei costi, stanno commettendo, a mio giudizio, alcuni errori che potrebbero rivelarsi fatali per il loro futuro, a meno che non siano in grado di stupire il mercato con una nuova “killer application”.
Gli errori delle multinazionali
Quali sono, a mio avviso, gli errori in cui tipicamente incorre una multinazionale che opera in un settore maturo per non dire in crisi:
1) l’eccessiva omologazione dei servizi e la conseguente progressiva perdita di specializzazione settoriale (ad esempio nel “finance”), in un momento in cui il mercato chiede esattamente il contrario;
2) l’assoluta centralità delle funzioni di finanza e compliance aziendale a discapito delle funzioni client driven e di sviluppo del business (tutti parlano di clienti e pochi parlano con i clienti);
3) l’eccessiva attenzione ai dati trimestrali, tipica delle società quotate, che impedisce in modo evidente di produrre investimenti a medio-lungo termine sia sul fronte delle risorse umane (penso a selezione, formazione e valorizzazione di giovani talenti) che sulla ricerca e sviluppo, linfa vitale per ogni impresa.
In nome dell’omologazione globale, poi, alcuni brand storici e iconici – come Eurisko ed Explorer solo per citare quelli a cui sono più affezionato – sono stati fagocitati in modo un po’ miope, da brand meno empatici e comunque senza una storia radicata nei singoli Paesi. Come se ciò non bastasse, i centri media e le società di consulenza si sono trasformati da fruitori a produttori di ricerche, restringendo ancora di più il terreno di gioco occupato dai player tradizionali.
Processi di ristrutturazione
Il processo di consolidamento e di ristrutturazione dei grandi Gruppi di ricerca internazionali, testimoniato dall’ingresso di fondi di private equity, proseguirà a ritmi incalzanti, l’ingresso di nuovi player (Bigtech e Fintech) porterà a un’ulteriore pressione sui costi, a cui si potrà scampare solo con l’innovazione e l’innalzamento delle professionalità del settore. Ma questi fenomeni, tipici di tutti i settori maturi, sono anche forieri di effetti benefici per il mercato. Si creano infatti nicchie che i grandi Gruppi non sono in grado di presidiare proprio perché le loro dimensioni e la complessità dei loro processi interni le rendono poco funzionali e difficilmente scalabili a livello globale. Assistiamo infatti, non solo in Italia ma nel mondo, a una nuova primavera rappresentata dalla nascita di società più snelle, dinamiche, gestite con stile imprenditoriale e con competenze elevate su settori specifici che sono in grado di offrire ai propri clienti passione, qualità e competenze uniche in tempi difficilmente riscontrabili nei grandi Gruppi. Si tratta di un processo che subirà una forte accelerazione nei prossimi anni. Mi auguro che tutto ciò possa contribuire a rigenerare quell’entusiasmo e quella voglia di fare che hanno animato i primi fondatori del nostro amato settore, che riesca ad attrarre i migliori giovani talenti, assicurando un benefico ricambio generazionale e ridando smalto a un’industria – quella delle ricerche di mercato – fondamentale per la crescita economica del nostro paese.
Nicola Ronchetti