Investire | Luglio Agosto 2025
Oggi la partita per la conquista del cuore e del risparmio degli italiani vede in campo tre modelli di servizio: le reti dei consulenti finanziari, le banche commerciali e le challenger bank.
Giova premettere che i tre modelli di servizio hanno, per così dire incrociato le armi, solo in tempi relativamente recenti.
Le banche commerciali hanno infatti vissuto per anni – in alcuni casi secoli – di rendite di posizione derivanti dalla loro presenza monopolistica sul mercato.
Le reti dei consulenti finanziari, molto più giovani, nate sul finire degli anni settanta, sono entrate in partita solo negli ultimi venti anni e da vere protagoniste soltanto negli ultimi dieci.
Le challenger bank, spesso nate come startup fintech, rappresentano un modello di servizio nato sull’onda della digitalizzazione bancaria dei primi anni duemila.
Ciò premesso la prima posizione in classifica vede le reti dei consulenti finanziari e le banche commerciali a contendersi il podio e le challenger bank ad arrancare in una posizione di coda raccogliendo solo le briciole di un mercato ad altissimo potenziale ancora inespresso.
A fronte di una ricchezza finanziaria investibile degli italiani che è più che raddoppiata negli ultimi venti anni, sfiorando i 4.000 miliardi, i player specializzati, ovverosia le reti di consulenti finanziari e le private bank hanno superato le banche commerciali, conquistandosi il segmento dei clienti upper affluent e private.
Le banche commerciali non stanno certo a guardare e pur perdendo quote di mercato relative hanno ancora la maggioranza assoluta del mercato.
Le challenger bank invece sono un po’ come nel comparto assicurativo le assicurazioni dirette: tanto dovevano stravolgere il mercato alla loro nascita, tanto sono rimaste delle incompiute con una quota di mercato che non arriva a due cifre.
E tutto questo perché il business della gestione del risparmio in Italia, più che in altre parti del mondo, parte da un assunto centrale e irrinunciabile: la centralità del professionista nella relazione umana con il cliente.
Certo è necessario che il professionista, sia esso un consulente finanziario, un private banker o un gestore bancario dipendente, sia adeguatamente supportato da una piattaforma e da un ecosistema digitale evoluto (App, sito, web collaboration ecc.), ma il digitale non è condizione sufficiente per vincere la partita.
La testimonianza viene dalle challenger bank o dalle cosiddette fintech, alcune relativamente di maggior successo come Moneyfarm, altre – la maggioranza – ancora al palo come Tinaba.
In attesa di vedere se i grandi player digitali internazionali come Revolut, o altre banche estere come BBVA con le loro piattaforme digitali, riusciranno a crescere nel nostro mercato, rimane un dato di fatto: senza professionisti di valore nella relazione con il risparmiatore non si va molto lontano.
Anche le banche commerciali lo hanno compreso, come dimostra la valorizzazione della figura del gestore bancario dedicato alla clientela affluent, che stanno perseguendo sia i pesi massimi del mercato (Intesa e UniCredit), ma anche i pesi medi nostrani (Bper, Credem, Monte dei Paschi, Banco BPM) e i grandi gruppi internazionali che operano in Italia (BNP Paribas, Crédit Agricole, Deutsche Bank).
Il vero colpo di scena potrebbe farlo chi per primo saprà, oltreché valorizzare, anche potenziare i propri professionisti dotandoli di un’intelligenza superiore (Artificiale) e di piattaforme digitali ad alto tasso di personalizzazione.
Nicola Ronchetti